Trilogia Tsukamoto In DVD.
“La metamorfosi dell’immagine questo è avvicinarsi alla verità”.
Tsukamoto Shinya
Trilogia Tsukamoto – triplo DVD + libro – FREE CODE PAL
Denchu-kozo no boken
(L’avventura del ragazzo del palo elettrico)
1987, Giappone, 47 minuti, colore
Versione originale giapponese con sottotitoli opzionabili in italiano e in inglese
regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, effetti speciali e produzione: Shinya Tsukamoto
musica: Nobu Kanaoka
cast: Tomoroh Taguchi, Shinya Tsukamoto, Kei Fujiwara, Nuriaki Senba, Nobu Kanaoka, Mitsuru Saga, Kenjin Nasa
Tetsuo – The Iron Man
1989, Giappone, 67 minuti, bianco e nero
Versione originale giapponese con sottotitoli opzionabili in italiano e in inglese
regia, sceneggiatura, scenografia, effetti speciali, produzione e montaggio: Shinya Tsukamoto
luci e fotografia: Kei Fujiwara, Shinya Tsukamoto
costumi: Kei Fujiwara
musica: Chu Ishikawa
cast: Tomoroh Taguchi, Shinya Tsukamoto, Kei Fujiwara, Nobu Kanaoko, Naomasa Musata
Tetsuo II – Body Hammer
1992, Giappone, 83 minuti, colore
Versione originale giapponese con sottotitoli opzionabili in italiano e in inglese
regia, sceneggiatura e montaggio: Shinya Tsukamoto
fotografia: Fumikazu Oda, Katsunori Yokoyama
musica: Chu Ishikawa
effetti speciali: Takashi Oda, Kan Takahama, Akira Fukaya
cast: Tomoroh Taguchi, Nobu Kanaoka, Shinya Tsukamoto, Keinosuke Tomioka, Min Tanaka, Shujin Kim, Hideaki Tezuka, Tomoo Asada, Torauemon Utazawa / produttori: Hiromi Ahiara, Hiroshi Koizumi, Fumio Kurokawa, Fuminori Shishido, Nobuo Takeuchi
In principio, nascosto sotto la pelle del cinema, è sempre stato il fermo-immagine. Destino fatale, che la verità della fissità del fotogramma permetta, con la tecnica elementare del ‘passo uno’, i trucchi più selvaggi e efferati, le manomissioni più incredibili della registrazione fotografica di quel che si trova sul set di fronte alla macchina. Quando non è usato per scopi puramente mimetici o per la creazione di singoli effetti o figure, il “passo uno” risulta uno dei pochi gesti filmici capaci di mantenere tracce della “situazione cinema”. In modo facile immediato sbrigativo esibito, esso opera una sorta di “discesa” nella fessura/differenza interna del cinema. Un mago ferma il treno del movimento sintetico e automatico del cinema, arresta il tempo entrando nello spazio del fotogramma, la “vita” si ferma, tutto si blocca, e una “mano tecnica” superiore, burattinaia e/o artistica inserisce dei mutamenti, in un viaggio nel tempo di portata minimale ma non per questo meno fantascientifica. Di questa “intensità tecnica” rarissima, Tetsuo (il film, ma poi tutte le varie parti e apparizioni mutanti della saga di Tsukamoto) è un esempio estremo, tra i più grandi (lo si può situare da qualche parte tra il monolito kubrickiano e l’ossessione Titanicatastrionfale di Cameron). Più che la mutazione apocalittica del personaggio, tipicamente giapponese, è la forza ‘realistica’ dell’immagine-tetsuo a formare un caso unico nella storia del cinema. La suggestione quasi cocteauiana (di un Cocteau che avesse già “letto” Cronenberg e “visto” Burroughs e Ballard, come mostra del resto tutta la filmografia successiva di Tsukamoto) della forma visibile, la potenza nietzschiano-jungeriana bellico-amorosa, la semplificazione esibita (appunto il “passo uno”, e tutti gli altri trucchi artigianalissimi messi in campo) della metallicità hardcore, la visione ‘soggettiva’ e quasi biologica da parte di una macchina che pare la versione ferrosa incrostata perversa della trasparenza attonita e onnisciente della macchina cinema stessa: è infine la visione stessa a mutare, a confessare di essere in sé una mutazione, senza bisogno di una ‘teoria’ che non sia il ripetersi ossessivo e frattale di una forma/desiderio di sé. Tetsuo non è solo un personaggio memorabile nella galleria del cinema fantastico, non è la costruzione rappresentazione narrazione di esso, ma l’ingresso in diretta nel cinema di una “cosa” preesistente a esso e indispensabile per esso. Se questo dvd documenta il dispiegarsi e il mutare della “cosa”, il gioco di Tsukamoto è già questo. Aldilà delle sue particolarità mitologiche, della forma del proprio mito, Tetsuo è l’immagine trovata dentro di sé e dentro il cinema. Uno dei rari casi in cui un’immagine (quasi “cristica”) affiora e galleggia e nuota da sola dentro il fiume o mare di immagini che sappiamo essere il cinema. Questo sorprende in Tetsuo, nel momento stesso in cui crediamo di riconoscere la sua genealogia e di assistere allo spettacolo della sua narrazione; l’artificialità della costruzione filmica del personaggio-cosa, la pesantezza del metallo e del soggetto umano, invece di sprofondare nell’infinita sovrimpressione del repertorio di babele che è il cinema, se ne affranca, diventa quel che è più raro incontrare e identificare dentro il cinema, un’immagine. Quindici anni dopo l’apparizione-tetsuo (che non a caso ha acceso la fantasia – fino al vagheggiarsi della produzione di un Tetsuo III – del grande e visionario ‘trovatore’ di immagini-mito quentintarantino), gli ultimi due film di Tsukamoto (A Snake of June e Vital) hanno infatti la capacità di porsi oltre l’ebbrezza contemporanea dell’immersione nella tessitura dell’immagine. Lussureggiante postdigitale, investendo con semplicità e precisione prodigiosa la “storia di immagini” (lo scatto/scarto fotogrammatico?) che è il corpo. “Vitale” e amoroso sarà ricordarsi “cosa” è “morto” per sempre da sempre anche in una singola immagine.
enrico ghezzi
Cordiali saluti
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