(Santeria / Audioglobe 2004)
Non c’è niente di meglio, in una giornata d’inverno fredda come questa, che ascoltare un disco del genere: entra in punta di piedi e il calore che propaga si diffonde lentamente, appannando i vetri della finestra. L’album in questione nasce dalle esigenze di due persone quantomeno speciali: Stefano Giaccone, mente (assieme a Lalli) dei mai troppo osannati Franti, storico gruppo anarchico della new-wave torinese primi anni ottanta, collaboratore di diversi progetti molto interessanti (Ishi e Howth Castle) e sul finire dei novanta cantautore, collezionando tre album e due EP; l’altra risponde al nome di Mario Congiu, anche lui proveniente dalla Detroit italica, che ad oggi ha solo un album in cantiere (Non Sai Difenderti) ma vanta moltissima esperienza in veste di produttore (Mao, Lalli, Giancorlo Onorato e Bandamanera). Fondamentalmente sono due artigiani che lavorano di cesello per rimodellare ed omaggiare la canzone d’autore italiana, cernendo artisti affermati appaiati a leve più o meno nuove; il tutto seguendo una logica ben delineata che va dal più puro dei sentimenti all’ impegno sociale. La scaletta è composta da cover di icone come De Gregori (Le Storie Di Ieri), Tenco con Vedrai Vedrai, accompagnata da archi che sottolineano la sua ottimistica disperazione; Fossati (Lindbergh), Jannacci, con un pezzo meno conosciuto del suo repertorio (Il Monumento); stesso discorso per De Andrè (Da Mae Riva) e Guccini (Canzone Da Triste Rinuncia). Gli altri artisti coverizzati, sono amici con cui dividono la stessa città (vale solo per Congiu, Giaccone vive da anni in Galles): Paolo Manera, Truzzi brothers, Perturbazione e Lalli. Due dei dodici brani fanno parte del repertorio dei nostri eroi onirici: Come Mi Amerai (Giaccone), ballata dai toni bluastri e Fabbrica (Congiu), che si distingue per impatto sonoro e da un canto recitato molto suggestivo. Con il dovuto rispetto, spogliano le canzoni e le rivestono di arrangiamenti elettroacustici, tastiere e violini, dando loro nuova vita. Un disco melanconico dove le ombre hanno la meglio sulla luce, oggettivamente non un difetto ma la sua virtù.
Voto: 8
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Autore: robertodiomedi@virgilio.it