(Aesthetics/Goodfellas 2004)
Ok, ormai da qualche decennio è sotto gli occhi e le orecchie di tutti che nel rock ogni forma di ortodossia e regola sono state profanate e stuprate, che ogni possibile forma di crossover e innesto contro natura sono stati testati. Sicuramente ciò è un bene, e sicuramente non rimpiango i tempi in cui i vari generi musicali vivevano e si riproducevano nei lori bravi compartimenti stagno, ma a volte un qualche dubbio sulla spontaneità creativa di certi lavori è lecito. È questo il caso del secondo disco di Kptmichigan, progetto solista di Michael Beckett, già membro di Schneider TM, collaboratore di Kohn, nonché produttore e remixer, che viene descritto dalla label Aesthetics come un qualcosa da infilare tra Animal Collective, Merzbow e Manitoba. Indubbiamente si tratta di riferimenti molto azzeccati e che ben descrivono il contenuto del disco, e a cui volendo si possono aggiungere Trans Am, John Fahey, Broken Social Scene, Wolf Eyes, Six Finger Satellite, Pita, ovviamente Schneider TM (presenti in un brano) e, giacchè ci siamo, i Rolling Stones (ascoltate Take Tablets). Bene, fatto quest’elenco di nomi giusto per rendere l’idea dell’inciucio transgender contenuto in questo dischetto e detto che l’ascolto può anche risultare mediamente divertente, con brani che incorporano trasandate nenie psych-pop, improvvisi e immani muri di rumore bianco e feedback (posizionati a random un po’ ovunque), ritornelli a base di vocoder (Hey People!, Some People Cry), chitarre folk/blues, reiterazioni elettro-noise (Mount Michigan è il brano che preferisco), nostalgiche emersioni glitch (Every Now And Then), escursioni post rock alla Gastr Del Sol (la coda di the The Summer Session) e quant’altro, rimane il discorso del dubbio di cui sopra a far si che questa musica suoni innaturale, artificiosa, costruita a tavolino, perennemente fuori fuoco, della serie “guarda quanto so essere strano e originale, sono un genietto del postmoderno”. Anche quando qualche brano, come ad esempio Some People Cry, Coughsong, e The Pulse Has Dropped sembra voler imbastire qualche melodia indie-pop si tratta solo di brevi attimi prima che tutto sia annegato nel rumore “creativo” a tutti i costi. Tante idee, di cui nessuna sviluppata realmente, ma spesso semplicemente accatastate l’una dietro l’altra in un giochetto che vuole stupire ma alla lunga finisce per infastidire. Non escludo che questo disco a molti possa piacere, e riconosco che i difetti da me descritti potrebbero essere letti come dei pregi assoluti, quindi se potete dategli pure una chance d’ascolto.
Voto: 6
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