La Cultura Skinhead Spiegata E Chiarita.
Di Marco Paolucci
Le “sottoculture” giovanili e non che si sono succedute e continuano fortunatamente a succedersi nell’evolversi della storia soffrono oltre che delle difficoltà inerenti al loro costituirsi anche della mancanza in alcuni casi e rarità in altri di competenti e sinceri cronisti che riporteranno poi ai posteri almeno i fatti che posso costituire una verità, discutibile quel che si vuole, sulle loro origini e sul loro difficoltoso presente. Tutta questa filippica ve la propino per dire che esce per la casa editrice NdA Press la ristampa dello storico, e pressoché per accuratezza unico in lingua italiana, studio sul fenomeno/cultura/movimento/stile di vita Skinkead. La precedente edizione uscì per la Castelvecchi, di cui ogni tanto ci occupiamo in queste web-pagine; ora questa nuova edizione è curata da Valerio Marchi, attento studioso delle sottoculture ed è arricchita da un corposo apparato disco/bibliografico a cura dell’autore Riccardo Pedrini e dello stesso Marchi. Il volume in questione ha la fortuna, e qui ci riallacciamo al discorso di cui sopra, di essere scritto da uno, il Riccardo Pedrini di cui sopra, che ha vissuto in prima persona la scena skinhead in Italia militando nello storico gruppo dei Nabat e che si è sentito in dovere/diritto di scrivere su/per/pro la scena stessa cercando di essere il più onesto possibile sia con se stesso che con l’argomento che andava a trattare. Anche perché in Italia nel quotidiano la parola skinhead evoca paure, odi, incomprensioni che potrebbero costituire un bignami dell’insaper vivere, vedi per chiarezza il concetto di “naziskin” per tutte, mentre è vissuta in maniera sincera e attualizzata fin dalle origini che il nostro ne riscontra nella fine degli anni sessanta. Quindi spiegazione che skinhead significa tra le tante cose amore sviscerato per un genere musicale come il reggae che si spera non abbisogni di chiarificazioni, per un certo abbigliamento capace di creare un osmosi con un modo di essere un soggetto definentesi tale e attivo nel vivere/interagire con la quotidianità –da qui un chiarimento che lo skinhead non è uno stinco di santo, per carità, ma una persona normale che si mette in discussione: “Mi hanno dato del razzista, ma ho più dischi di Reggae di qualsiasi Rasta.”. A conclusione dell’escursus storico sul movimento, integrato anche dalla parentesi sulla diramazione skin di destra con l’analisi della scena bone-head un’ampia, lo ripetiamo, discografia e bibliografia per chiarire/far scoprire che cosa è stato/è/sarà uno dei più discussi, vitali, interessanti e fino ad ora misconosciuti movimenti culturali di questo secolo e oltre.