(Unhip Records/Deep Elm 2005)
Dopo ‘Dance A While Upset’ (Deep Elm 2003) opera prima del quintetto emiliano, arriva il secondo attesissimo capitolo della saga Settlefish, struggente più del precedente, con un sound magari meno spigoloso, ma inscritto in una forte intenzione di dare all’album una visione globale, per un ascolto senza intervalli ne pause; episodi tra loro concatenati, frammenti musicali che fanno le loro incursioni in un flusso ininterrotto di stati d’animo differenti, a suggellare un lavoro per niente scontato. ‘The Plural Of The Choir’ è un viaggio intimissimo che inizia incerto e nebbioso, e ritrova il primo accordo di chitarra per poi esplodere diverso in ogni singola traccia del cd, dando lustro e stile a malinconie sopite, turbamenti adolescenziali e private introspezioni. Suonato da chi si può vantare d’avere alle spalle 31 date in U.S.A., due tour in Inghilterra e cinque settimane allegramente in giro per l’Europa; risente di una forte colla tra i cinque ragazzi bolognesi, sfoggiando episodi davvero notevoli, (forse tra tutti Blinded By Noise è il pezzo migliore) in cui stavolta intervengono componenti più marcate di post-rock e noise. Degna di nota l’ultima traccia We Please The Night, Drama, in cui partecipano sia Jukka Reverberi dei Giardini Di Mirò che il produttore del disco Brian Deck, siderale e sonica raggiunge apici da far invidia anche ai Mogwai più inspirati ed estremi. Il lavoro viene masterizzato in quel di Phoenix (Arizona) al SAE, luogo mitico dove hanno preso forma e tono dischi di Calexico, Pavement, Yo La Tengo, Jon Spencer Blues Explosion solo per citarne alcuni, l’unico posto a cui Steve Albini affida la masterizzazione delle sue creature. Impossibile tirare le somme, fare un resoconto fedele, ‘The Plural Of The Choir’ muta col passare degli ascolti e richiede la pazienza in pieno ripagata, di premere il tasto play e lasciarsi trasportare dall’onda emozionale.
Voto: 10
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