(Sub Pop/Audioglobe 2005)
Dopo due album autoprodotti per la loro etichetta Silly Boy Entertainment, i padovani Jennifer Gentle -Marco Fasolo, voce e chitarre e Alessio Gastaldello, batteria e percussioni- sbarcano negli Stati Uniti e, complice “Ectoplasmic Garden Party”, ristampa australiana su doppio CD dei primi due dischi, vengono notati dai tipi della Sub Pop di Seattle che li mette sotto contratto e pubblica questo “Valende”, disco di folk acido che innegabilmente risente delle influenze del filone psichedelico anni ’60 (Syd Barrett e il Marc Bolan periodo Tyrannosaurus Rex su tutti) ma è dotato comunque di personalità e spessore notevoli.
Tutto il disco è permeato da una atmosfera surreale alla quale probabilmente contribuiscono la voce stridula (come sottoposta a continue aspirazioni di elio) e sofferente, le marcette di batteria e tamburello ed i bizzarri innesti di kazoo ed organetti sbandanti nella struttura fondamentalmente acustica dei brani.
Si parte con le filastrocche strambe e ammalianti di Universal Daughter e Tiny Holes e il garage-beat di I Do Dream You sostenuto da un organetto di Manzarekiana memoria; poi c’è la splendida Circles of Sorrow, in cui l’intrecco di chitarra, violino, xilofono e flauto crea un’atmosfera onirica di un’intensità quasi commovente e si prosegue con gli eleganti ricami di chitarra delle agresti The Garden (Part One) e The Garden (Part Two) inframezzate dal delirio cacofonico e rumoristico di Hessesopoa.
Gli ultimi tre pezzi del disco sono la sognante Golden Drawings che vede ancora viola e flauto ad accompagnare una melodia appena sussurrata, la narcolettica Liquid Coffee scandita da un tic-tac di sveglia; e il garage-rock folle con voce da cartoon di Nothing Makes Sense.
Un disco fuori dal tempo e dal raro e incantevole fascino che segnala una delle realtà più interessanti della musica italiana.
Voto: 8
Link correlati:Jennifer Gentle