(Autoproduzione 2004)
Come spesso accade le sorprese più gradite son proprio quelle più inaspettate. Un disco autoprodotto da un duo (metà francese, metà inglese) che riesce a portarsi in giro facendo da spalla ad artisti affermati e si limita (per adesso, speriamo) a distribuire i propri cd-r ai concerti.
Andrew Richards, voce e chitarra, e Sylvain Closier, basso e programming sono gli Angle, qui al secondo lavoro dopo il buon esordio di ‘Silence Is Better Than Nothing’.
Un’atmosfera delicata, di una fragilità che fa paura anche maneggiarlo un cd così, quasi possa sgretolarsi sotto i nostri occhi e portarci via dallo stato etereo in cui ci ha condotto. Sette tracce che scorrono via senza quasi rendersene conto e a cui solo l’ascolto ripetuto può rendere effettivamente giustizia e sottolineare la bravura nella scrittura che rende omogeneo il lavoro.
Dal paesaggio sperduto descritto in Greeneyesea alla fiaba triste e disillusa di We’re Too Young, sono melodie semplici e lievi, testi appena sussurrati, sensazioni ancor prima che canzoni.
Un disco che si inserisce con classe nel filone dell’indietronica più vicino alla forma pop, magari con i dovuti ringraziamenti ai primi lavori di Mark Nelson, ma con una qualità di certo non inferiore a molte uscite della Morr Music.
E questo ci fa capire come il talento non risieda presso gli uffici di una qualche etichetta discografica ma vada ricercato nella volontà che gruppi come gli Angle hanno di farsi conoscere, e non per partecipare al business, ma riuscire a raggiungere un pubblico a cui comunicare realmente qualcosa. Noi che lo sappiamo non ci lasceremo sfuggire una simile occasione.
Voto: 8
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