(Jealous / Shell Shock 2005)
Viene da Londra questo pacco bomba chiamato Bullet Union, nato da un amplesso clandestino tra Mamma Cuore e Papà Cervello nel pianeta dell’ hardcore illuminato: furia punk, ragione, voglia di sperimentare e molto, molto sentimiento emocore convivono alla perfezione nell’album di debutto di questa band nata nel 2003 e accasata presso la Jealous Records a fianco di This Aint Vegas e Kill Yourself, per citare i più noti, senza contare le esibizioni live come spalla di Lungfish, Black Eyes, Q And Not U e Blood Brothers: insomma, un pedigree di tutto rispetto mi pare.
Prime attrici sono senza dubbio le chitarre, capaci sia di intessere trame complesse e perfette che di sfogarsi senza freno, ma mai perdendo il controllo o sfociando nel caos più banale, testimoni gli stacchi, i cambi ritmici e i tempi imprevedibili che abbondano nell’album senza però stancare per eccessiva artificiosità; e in questo sono aiutate dall’impatto di basso e batteria, puntuali come un orologio svizzero quando si tratta di martellare i timpani, e dall’impeto della voce di Jodie Cox, valida sia nei bassi che negli alti toni.
Più di una similitudine con band come Fugazi o Girls Against Boys, specie per quanto riguarda l’approccio sperimentale tipico del post hardcore, parecchie con i seminali Drive Like Jehu per la capacità di mantenere viva l’attitudine emocore anche a velocità soniche e a volumi estremi; da segnalare la trascinante Stay Indie, Don’t Be A Hater, condita con un bel pizzico di funky, l’intreccio chitarristico di Ten Pence Piece e l’impeto rabbioso di Three Cherries Straight, solo per nominarne qualcuna tra le tutte valide nove canzoni del disco.
Sfasciano l’apparato uditivo con criterio, da maneggiare con le pinze. Ma maneggiateli.
Voto: 9
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Autore: alealeale82@yahoo.it