(Kitty-Yo/Wide 2005)
Ricordo che all’epoca dell’esordio dell’allora giovanissimo berlinese (‘Infinite Love Songs’, 2001), lo bollai come il Nick Drake del nuovo millennio, tanto era profondo, pregno d’intensità e votato a melodie decadenti combinate ad elementi estranei alla classica pop song, come le esplosioni rumorose o le brezze di elettronica. Il successore (Rose, 2003), non tradì le aspettative: nonostante non ci siano stati cambiamenti sostanziali, vantava una sicurezza a volte “sfacciata”, assestando veri e propri schiaffi new-wave in mezzo a carezzevoli armonie. In questo terzo album, quello del luogo comune, le canzoni si sono spogliate della chincaglieria elettronica, cedendo il passo a soavi ed ariosi arrangiamenti d’archi e pianoforte, donando vesti dal taglio classico; ciò che più calza ad un songwriter non più atipico nella forma, ma consapevole delle proprie potenzialità e della sua penna rossa. L’amore per le ballate è immutato e i fiotti del suo animo si riversano sulle arie senza mai incappare nello stucchevole o nel melenso. Difficile dire se la prova del terzo album sia stata superata, sicuramente non a pieni voti. Da parte nostra, abbiamo constatato che l’artista in questione è in continua evoluzione e ciò può essere solo di buon auspicio; confidando nel tempo, possiamo solo permetterci di pretendere ancor di più.
Voto: 7
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Autore: danielecintio@hotmail.it