(Resonant 2005)
Chi non li conosce mai penserebbe che siano un gruppo italiano, tanto le sonorità dei Port Royal sono una rarità all’interno dei ristretti confini nazionali; tanto è vero che per dare alla luce l’esordio su full lenght i genovesi si sono dovuti rivolgere alla label inglese Resonant, visto lo scarso interesse delle etichette di casa nostra ad accaparrarsi il successore del già ottimo “Kraken” ep del 2002.
Quella dei Port Royal è una musica che ha molto in comune con la glacialità rarefatta dei Sigur Ros, un mix di elettronica e post rock ambientale in cui beats, frammenti vocali e chitarre perdono la loro forma originaria dilatandosi all’infinito, grazie a dosi massicce di delay e stratificazioni sonore più che abbondanti: il risultato non è il caos sonoro, ma un senso di quiete e, paradossalmente, di inquietante silenzio che dura il massimo consentito dal supporto, 78 minuti, suddivisi in dieci non – canzoni tra le quali si segnalano le chilometriche Zobione e la title-track, divise ciascuna in tre movimenti, e l’iniziale Jeka, densa di splendidi campionamenti vocali; non mancano certo episodi più movimentati, che scongiurano rischi di ripetitività e risvegliano dal sonno con bombardamenti sonori pesantissimi, come nella terza parte della già citata Zobione.
Un ottimo disco questo “Flares”, che non colpisce subito l’ascoltatore ma mostra tutta la sua bellezza dopo ripetuti e soprattutto attenti ascolti; probabilmente godranno di maggiori attenzioni all’estero che non in Italia, ma c’è da augurarsi che per l’immediato futuro sbuchi fuori qualche etichetta nostrana pronta a puntare qualcosa su questi grandi Port Royal: una scommessa vinta.
Voto: 9
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Autore: alealeale82@yahoo.it