(Captain Oi / Foreign Affairs 2005)
Già il titolo dell’album e la foto del gruppo (capelli all’indietro alla James Dean/Mick Jones) dicono già tutto. Se poi avete ancora qualche dubbio basta dare un’occhiata al nome dell’etichetta per fugare ogni incertezza. Per i Goldblade l’anno fondamentale della musica è ovviamente il ’77, per cui street-punk col cuore talmente devoto ai Clash del primo album da arrivare a parafrasarli (Cops and Robbers), ma anche una certa predilezione per gli Sham 69, visto il continuo ricorrere ai cori da stadio.
Rabbia, grinta, attitudine e anche un credo politico/populistico non si discutono, a scarseggiare sono piuttosto i brani che si innalzino davvero sullo standard qualitativo dell’album, la zampata vincente in grado di farci saltare sulla sedia (anche se la battuta in levare di Stereo Gangsta ci va alquanto vicino). Non che abbia molto senso parlare di derivativismo di fronte ad un disco del genere, anzi di genere, ma sullo stesso piano, e cioè nel ricalcare i maestri originali, Tim Armstrong (Rancid) rimane un concorrente ancora insuperabile.
Voto: 6
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