(Fierce Panda 2005)
Il disco d’esordio degli Art Brut arriva immediato ed urgente come la corrente artistica francese degli anni ‘40 –secondo cui l’opera d’arte deve abbandonare ogni velleità estetica e scaturire semplicemente dall’istinto, come reazione ad un bisogno espressivo- da cui il quintetto londinese prende il nome.
Chitarre graffianti, basso propulsivo, dinamiche nervose e melodie accattivanti sono gli ingredienti principali della musica del gruppo che, per il timbro chitarristico ma soprattutto per lo “sgangherato” stile vocale del cantante Eddie Argos, rimanda indubbiamente a band post ’77 come Wire, Fall e Richard Hell & the Voidoids.
L’inizio dell’album in particolare sfodera tre canzoni formidabili come Formed a Band (sorta di manifesto programmatico del gruppo), My Little Brother e Emily Kane che catturano fin dal primo ascolto.
Il resto dei brani fra alti e bassi (pochi a dire il vero) scorre in maniera altrettanto entusiasmante inanellando brani riuscitissimi – Bad Weekend, la title-track e Modern Art– ed episodi che non ti aspetti come il garage-pop di Good Weekend o il r’n’r molto sixties di Moving to L.A..
Facile sarebbe classificarli nella nuova ondata di gruppi inglesi ma rispetto ai tanti epigoni delle sonorità New Wave oggi tanto di moda gli Art Brut sembrano avere canzoni migliori, testi densi di un efficacissimo sense of humor ed un bel po’ di impatto e di classe in più.
“Haven’t read the NME in so long, don’t know what genre we belong…”
Voto: 8
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