Jonny Dowd

Un Uomo Bianco In Blues.

 

 

 

 

Di Sergio Sparapani

sergio.sparapani@comune.macerata.it

“Un uomo bianco perso nel blues”. Così si autodefinisce Johnny Dowd, beautiful loser ultracinquantenne incrocio tra Johnny Cash, Nick Cave, Tom Waits e Captain Beefheart. Il debutto a cinquant’anni suonati con “Wrong side of Memphis”, registrato con un semplice quattro piste, poi l’incontro con il batterista, tastierista e bassista Brian Wilson, il chitarrista Justin Asher, Mike Edmonson alle tastiere (sostituito da Justin Asher a partire dal terzo disco), e l’altra voce solista (unica in taluni pezzi), Kim Sherwood-Caso: quest’ultima “Aveva fatto un così bel lavoro nel tagliarmi i capelli, che gli ho chiesto di unirsi al gruppo” (Johnny dixit in una bella intervista a Fabio Cerbone).
Dowd che – chissà perché – gode di una certa popolarità in Svezia, è autore di sei cd (più un paio di live) di livello medio alto caratterizzati da umori alquanto variegati ma comunque riconducibili all’Americana roots (e gothic) music. Il migliore del lotto appare “Pictures from life’s other side” del 1999, ma andiamo con ordine.

 

WRONG SIDE OF MEMPHIS
Dopo aver fatto parte di una rock n’ roll band a conduzione familiare (I Neon Baptist), Dowd debutta nel 1998 con questo “Wrong side of Memphis”, impasto di folk e blues sporco (vedi l’iniziale “Murder”). A proposito di murder, da subito il texano si segnala per la predilezione di tematiche legate alla morte violenta, le psicopatologie, il sesso malato…

 

PICTURES FROM LIFE’S OTHER SIDE 

Parte Tom Waits parte Captain Beefheart, oscuro e bizzarro, è forse questo il pezzo più pregiato della discografia di Dowd. Accompagnano la voce nasale del songwriter i nuovi sodali Kim Sherwood-Caso, che interviene spesso e volentieri anche da voce solista, e il polistrumentista  Brian Wilson.

 

TEMPORARY SHELTER

Passo indietro. Noiosetto anzichenò, contiene però alcuni highlights, “Vengeance is mine”, le atmosfere rarefatte di “Cradle to the grave” e la conclusiva “Death comes knocking”, con la Caso voce solista.

 

THE PAWNBROKER’S WIFE

Johnny si riscatta prontamente con questo riuscito pastiche country-punk-blues, assecondato dai sintetizzatori di Wilson e dalla fida voce della Caso. Inganna il pezzo iniziale “I love you”, melensa come ogni love song che si rispetti. Il fango – e l’inferno – sono però dietro l’angolo già con la successiva, sbilenca, “Rose tatoo”. C’è anche una stranita versione di “Jingle bells”, ma in definitiva questo è il disco più accessibile di Dowd.

WIRE FLOWERS: MORE SONGS FROM THE WRONG SIDE OF MEMPHIS

Disco di rarità e outtakes di livello sovente eccellente. Deliziosamente sgangherate, sono frammenti di un sogno americano-a-pezzi. Sottoproletari in gita a Twin Peeks.

 

CEMETERY SHOES

Ma guarda! Johnny e chitarra in un cimitero… La foto di copertina, ovviamente in bianco e nero, la dice lunga sui contenuti della sesta e ultima – ad oggi – realizzazione del texano. La confezione sonora ricorda più Tom Waits che il Nick Cave di Stagger Lee. Non Dowd al meglio, comunque. Sarà per l’assenza della Caso?

http://www.johnnydowd.com/
http://www.munichrecords.com