(Fortuna Pop 2005)
Uno, a dire indie, si immagina orde di fighetti adidas vestiti, dalle spilline elegantemente appuntate sulle giacche trendy e i capelli perfettamente new style. Va bene così, per carità, che anche da queste parti si è applaudito (negli anni) ai Kinks e ai Blur quali salvatori della Corona Inglese. Il fatto è che si tende a dimenticare come il termine (invero vasto e abusato) possa essere fatto risalire a tempi immemori, a musiche disparate e a gente quale Orange Juice, McCarthy, e via fino ai Television Personalities. Che sono stati la banda più sfigata e impudente di tutti i tempi, con quel Daniel Treacy ad insegnare l’abc all’altro Daniel (Johnston) e a tutti i Pavement del mondo, prima di essere assiso a vate di certo pop incompleto e surreale. Panegirico per dire che i Milky WimpShake si accodano a quella gloriosa e sfortunata tradizione, fatta di stonature, bavette da due accordi, imperizia e lentiggini; dove i brani da 2’30” suonano sconclusionati (Kickstart Affair), dove appena si ode una parvenza si hit si svicola altrove inorriditi o soltanto incapaci di coglierlo (Spidey), dove la melodia va e viene (Crepfoot), dove il pop al naufragio s’accompagna (Needed: Heart Handbook), dove si corre in aiuto di remake e cover version (Pearshaped, del misconosciuto Nev Clay), dove il blues si accoda ai Buzzcocks, dove Phil Ochs (qui omaggiato in Here’s To The State Of Mr. Poodle) è arruffato, dove la sfiga s’annida molesta. Ci sono persino odori di probabili minor hit, in ‘Popshaped’ (Cheque Card; My Heart Beats Faster Than Techno; Milk Maid), ma come sono venuti, indomabili se ne vanno subito. ‘Popshaped’ è bello e ve lo potrebbe dire anche Mollica, ‘Poshaped’ per qualcuno (molti) potrebbe essere il più bel disco dell’anno come l’inutilità più grossa del secolo. ‘Popshaped’ ha quella malagrazia contagiosa data soltanto dai veri beautiful losers. E allora solo tre stelle, ma solo per confondere ancor di più ed accodarmi a loro..
Voto: 6
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