CocoRosie ‘Noah’s Ark’

(Touch&Go / Wide 2005)

Di primo acchito la sensazione è che alla seconda prova le sorelle Casady tentino di rifare il loro strepitoso debutto. Anche i contributi di gente altisonante quale Devendra Banhart, Antony e Spleen sembrano messi lì più per creare hype che per reali necessità artistiche. Ma attenzione, il fatto è che pur volendo essere critici si fa fatica a non cadere vittima delle fascinose litanie delle due sirene CocoRosie. Certo, non sono un gruppo normale le CocoRosie, come ci ricorda il trenino equino (!?) della copertina. E soprattutto come ci dimostra un pezzo come Bear Hides and Buffalo, la cui splendida assurdità non può che far ammutolire e arrendere allo stesso tempo: parole sussurrate cui fa da contrappunto una voce operistica mentre sullo sfondo risuonano un carillon, miagolii di gatti e nitrire di cavalli (quelli della copertina presumibilmente). Questo è il mondo delle Cocorosie. La loro forza risiede nella sensibilità naive e nell’originalità della loro idea (seppur ripetuta ad perpetuum). Bianca e Sierra lo sanno, e ripetono acutamente la formula magica mediante l’uso in bassa fedeltà di strumenti classici e mezzi analogici. Nuovi episodi di folk da carillon invadono l’aria, ammalianti e raffinati finché si vuole, anche se non bastano a fare di “Noah’s Ark” un album assolutamente eccezionale come il suo predecessore.

Voto: 8

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