(Resonant 2005)
Non ho mai visto Birgir Hilmarson, né Biggi degli Ampop, né Blinfold, ma sono sicuro che il tipo concentrato in copertina è proprio lui. Lui chi? Quale dei tre? Poco importa, sono la stessa persona visto sotto l’aspetto anagrafico, fittizio e lateralartistico. Di fatto, “lui”, viene dall’Islanda ed è chiaro perché si è infilato le mani nelle tasche di un cappotto col bavero alzato, dove straborda un maglione dallo spessore exra-sartoriale. Spessore, giusto, meglio consistenza; ciò che realmente vi interessa conoscere. Fondamentalmente, Blifold è un ibrido: un cantautore di poche parole seduto su una stuoia tiepida di elettronica fai dai te molto accessibile, spalleggiata da discontinui elementi acustici che evaporano in atmosfere edulcorate e soffici come zucchero filato. Avanza piatto, lento, come una colata di caramello che soffoca il mio buonismo; serenità affettata che irrita il sistema nervoso, già scosso dalle rare incursioni vocali in bianco e nero, dalla timbrica tisica e sospirata. In fondo mi spiace, i suoi amici e colleghi credono in lui, l’hanno incoraggiato a realizzare quest’opera prima e bocciarlo è un crepacuore, un duro lavoro che qualcuno deve pur fare.
Voto: 3
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Autore: danielecintio@hotmail.it