Okkervil River Live

@Covo Club – 7 Ottobre 2005.

Di Ambra Galassi

ambra.g@gmail.com

Credo ormai siano tutti d’accordo nell’ assecondare il ruolo prepotente del contesto nei piccoli concerti intimisti, ormai tanto frequenti e frequentati che di intimista possono conservare giusto l’ attitudine. Ma risulta tanto commovente, per esempio, il disagio di routine, del trovarsi a capo di un affollamento inaspettato (o in una stanza piu’ piccola del solito), una folla che risponde particolarmente bene alle proprie schitarrate.
I texani Okkervil River, hanno appena superato lo scoglio del terzo album, ma non si vede. Si accomodano sul palco con un’ entrata titubante, nascondendo gli ultimi residui di egocentrismo fra i problemi tecnici. Una tastiera fulminata da poetici paradossi di corrente elettrica e’ annunciata come vera giustificazione di una scaletta improvvisata, e adattata all’ inaspettato (?) cambiamento di sound. Il cantante e chitarrista si appropria cosi’ di una buona ragione per chiedere scusa al pubblico acclamante, e dopo ogni due o tre canzoni rinnovare il proprio dispiacere per il non poter suonare davvero quello che avrebbe voluto, come avrebbe voluto.
La voce e’ troppo alta, la chitarra e’ un po spavalda, e il componente rimasto a mani vuote, incapace di accettare la perdita, e si tiene occupato con ogni genere di cordofono disponibile. Ma tutto questo non sembra importare a nessuno.
Will Sheff in effetti, emotivamente ubriaco, prima di tutti apre le palpebre e subito si accorge di quanto sia favorevole il clima della calca ai suoi piedi. Una folla adorante, composta da seguaci innamorati (qualcuno che li trova un dolce compromesso fra i Decemberists e Adam Green, ma ci sono anche casi di amore vero) e da una rilevante percentuale in astinenza da luogo notturno di aggregazione locale, fa si’ che l’aspettativa diffusa di assistere ad un concerto memorabile si autoavveri.
D’ altronde tutto quello che si accolla negli ultimi tempi le etichette con desinenze country folk, e spende la sua giovinezza in tour interminabili, non puo’ che che fondare la sua gloria sull’ onda emozionale spaccaghiaccio che bagna gli occhi delle prime file fino a far muovere le teste di sta in fondo, anche di chi finisce piu’ facilmente vittima della noia collaterale.