(Opensound 2005)
Progetto variegato, complesso, articolato, ricco di sfumature e diverse sfaccettature, tuttavia strettamente intrecciate al comune denominatore dell’opera, quel canovaccio che trasporta, di traccia in traccia, sensazioni di sublime armonia e delicati profumi provenienti da mondi lontani.
Il progetto dell’etichetta Opensound, secondo lavoro per l’ensemble di world fusion Terre Differenti, si apre con Different Lands, brano che, partendo da atmosfere lontane, prende vita grazie ad una voce femminile calda ed avvolgente con sussurri dal delicato sapore lunge: è un inno alla Madre Terra. Si prosegue con God of Thunder brano strumentale costruito intorno a sax e percussioni tribali, mentre Kam ma kam spicca per le sonorità arabeggianti ed il duetto di voci femminile e maschile che trasporta in un’oasi desertica. Flower of Sorrow vive sull’intreccio piano chitarra a creare un pathos patinato di velata tristezza: la voce come strumento ad accompagnare violino sax, in un crescendo musicale che ciclicamente si richiude sul delicato binomio piano/chitarra, costellato di virtuosismi. Beyond the Dunes spicca per la chitarra dal sapore di flamenco ed una voce intensa. In Under Moons of Jade s’ascoltano sussurri e sospiri, vocalizzi leggeri come in un sogno di terre lontane, in Jaded Moons, che sembra rubare il titolo alla canzone che la precede, pare di assistere ad una jam session, è quasi un allenamento jazz fino all’ingresso della voce. Mirror è un cameo: ne è protagonista un piano rilassante ma intenso, elegante e sublime, come in un cocktail di fine serata. Love beyond Deserts è uno dei brani più emozionanti della raccolta, merito di un sax che culla ed ammalia dolcissimo e lieve: 5 minuti intensi e calibrati, semplicemente incantevoli.
In Dance for the Moon ricompare il cantato: una voce jazz, dalla grande personalità arricchisce gli oltre 8 minuti del brano, forse quello con l’inclinazione più pop. Lost in her World sorprende per l’assolo di chitarra, quasi alla Pink Floyd, ad interrompere una suadente voce femminile, per introdurre un inaspettato soprano. Ci si perde nel mondo creato dalle spettacolari voci femminili.
Splinters of Reality ha un cantato quasi teatrale, un po’ alla Grace Jones, e ci porta all’ultimo brano del lavoro, che dà il nome alla raccolta, Cities of Dreams appunto, brano che chiude gli oltre 73 minuti di poesia, e ne costituisce il riassunto.
“Cities of Dreams” è un viaggio lieve in cui si combinano jazz, percussioni etniche ed elettronica, è un coacervo di esperienze multi etniche ben armonizzate, una summa di giochi di prestigio musicali, piacevolissime armonie da ascoltare ad occhi chiusi, per vivere la magia di suoni di altri mondi.
Voto: 10
Link correlati:Cities of Dreams – Secondo CD di Terre Differenti
Autore: l.blissett@hotmail.com