Di Mariagloria Fontana
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Ultima fatica del cineasta americano Jim Jarmusch, Broken Flowers, letteralmente: fiori rotti, racconta di Don Johnston, cinquantenne che ha fatto fortuna nel mondo dei computer, ma non ne possiede alcuno. L’uomo ha una bella casa austera e seriale, quanto il suo modo di vestire, ogni giorno indossa lo stesso modello di tuta, pur se di colore diverso. La sua fidanzata, Sherry, interpretata da una deliziosa Julie Delpy, lo lascia. Don guarda alla tv: Don Giovanni di Alexsander Korda. Sherry lo accusa di essere un don giovanni sull’orlo della vecchiaia. L’uomo riceve una misteriosa lettera, inchiostro rosso su carta rosa, in cui un’ex fiamma gli rivela che vent’anni fa dalla loro relazione nacque un bambino. Don ha un figlio, ma non lo ha mai saputo. Grazie al fedele e intraprendente vicino di casa Winston, un ottimo Jeffrey Wright, con la passione per i gialli, parte per ritrovare le cinque donne del passato che potrebbero aver scritto quella lettera. Una di loro è morta, le altre le incontrerà e capirà.
La narrazione è sviluppata in forma episodica: ciascuna donna è un frammento, ogni incontro ha una natura simbolica. Un viaggio a ritroso nel passato, nella memoria, che è un percorso interiore del protagonista. Il film risulta popolato da strani personaggi ed atmosfere surreali. Tutte le sue ex donne vivono situazioni strampalate: Sharon Stone è una madre-amica che per mestiere ordina gli armadi altrui, Jessica Lange è una comunicatrice di animali che ha una rapporto particolare con la sua segretaria Chloe Sevigny, un’irriconoscibile quanto talentuosa Tilda Swinton è Penny che vive circondata da bikers. Nessuna di loro ha avuto molta fortuna. Neanche Don è felice.
Bill Murray, protagonista del film, interpreta magistralmente Don recitando, quasi per l’intera durata del film, con lo sguardo fisso, immobile eppure eloquente. Apparentemente un ‘opera semplice, intelligente e divertente nelle dilazionate battute, sempre incisive.
Jarmusch confeziona un film denso di immagini, addirittura dei flashbacks onirici del protagonista sopito che elabora persone e fatti, in viaggio. Pochi i dialoghi, eppure Broken Flowers non è mai noioso, anzi, possiamo affermare che paradossalmente nella sua lentezza risiede la sua essenza: coinvolgente, appassionata.
Destinato ad un vasto pubblico, sottolineato dalla splendida colonna sonora di Mulatu Astatke, Broken Flowers induce a far riflettere lo spettatore sui percorsi della vita, sugli amori, gli abbandoni, le occasioni perdute e mai ritrovate. Le disillusioni e gli amori lasciati chissà dove, che non danno possibilità di recupero.
L’esistenza circolare del protagonista inizia con un abbandono e termina con una solitudine segnata inconsciamente dal proprio egocentrismo e dalla superficialità, dalla mancata presa di coscienza delle responsabilità nell’amore e nei rapporti. I fiori rotti, appassiti, in casa di Don, sono i medesimi che ha trascurato durante tutta la sua vita e che ora sono perduti.
Il finale amaro è volontariamente lasciato in sospeso. Tutto il film è giocato su elementi surreali e una sorta di sospensione del giudizio: gli avvenimenti si lasciano accadere. Le azioni nel film però sono opera di quell’introspettivo regista chiamato Jarmusch, che già in passato ha collezionato road movies interiori come il capolavoro: Dead Man.
Il film, sottilmente, richiama alla mente lo stadio estetico dell’uomo, non a caso il filosofo Kierkegaard ne indicava come simbolo: Don Giovanni. All’individuo non può bastare il piacere fine a se stesso dell’amore né la mera contemplazione dell’arte, pena: l’angoscia esistenziale.
Nella sequenza conclusiva, la macchina da presa compie una panoramica di 360 gradi intorno all’unico responsabile del proprio solipsismo: Don. Immagine stilisticamente metaforica del proprio ego, intorno al quale hanno ruotato non solo la macchina da presa, ma tutto un mondo di relazioni incompiute.
Le storie, i plot, in fondo, sono solo e sempre un pretesto…
Sito ufficiale: www.brokenflowersmovie.com