Jess Rowland ‘Scenes From A Silent Revolution’

 

(Pax Recordings
2005)

Uno sputo in faccia. Contro di te,
società del consumo indotto. Contro di te, società della
tv per decerebrati. Contro di te, società del cibo spazzatura.
Ma non prendertela, si tratta di uno sputo pieno di amore, forse solo
la stizza di un momento. Vedrai che passa presto. In fondo ti amiamo,
te e tutta la robaccia che ci rifili. Amiamo la robaccia a tal punto
che ci dispiace quando va al macero abbandonandoci per sempre. Per
fortuna che ogni tanto qualcuno si prende la briga di sottrarre dalla
misera fine le scorie del mondo occidentale, ripulirle,
riorganizzarle, ritagliare e incollare pezzettini a destra e a manca
per dare un senso di bellezza a ciò che bello non è.
Come certi idealisti del riciclaggio politicamente corretto che
creano opere artistiche dai rifiuti. In questo caso si tratta di una
bellezza deforme, di un Frankenstein del buon senso, e il mirabile
intervento ecologico è da attribuirsi a Jess Rowland,
manipolatrice e sabotatrice di suoni e visioni residente a San
Francisco. Un’opera doppia, CD e DVD, come oggi spesso si conviene.
Materiale altamente straniante, alieno, che rifugge da facili
etichette. Elettronica post-tutto, che mescola estetica low-fi, easy
listening, colonne sonore di B-movies, echi eighties, telenovele,
sci-fi, Beach Boys, strumenti giocattolo e Dio sa cos’altro. Senso
del ridicolo e del dramma, sberleffi da clown e lacrime robotiche,
l’invasione degli ultrasuoni, un Gozilla che goffo, ma terribile,
travolge e calpesta tutto. Esagero? Provate a passare al DVD, che
potenzia il contenuto sonoro accostandolo all’assemblaggio di
materiale video raccolto da chissà quale immonda discarica,
con risultati assolutamente deflagranti. La vomitevole retorica
patriottica di John Ashcroft che canta Let the Eagle Soar sul
canale CNN passata al tritatutto, deformata, rallentata, e
selvaggiamente mixata con oscura cinematografia giapponese e
claudicanti reminescenze industrial; lo stupro ai danni di un
“bellissimo” cartoon di Barbie con tanto di ragazzine in preda a
preoccupanti crisi isteriche; un’inquietante e surreale spot di McDonald nel quale
si insinuano scene porno, inserti pubblicitari assurdi, suoni e voci
disarticolati, smembrati e lasciati scorrazzare in maniera
incontrollata. Genio? Follia? Le due cose assieme? All’incauto
spettatore/ascoltatore la scelta.

Voto: 8

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