Ateleia ‘Swimming Agaist The Moments’

(Antiopic / Fringes 2005)

Se si ricerca tra i nuovi ‘fabbricatori di suoni’ perspicaci nell’indagare strutture musicali sconosciute (per intuirci, elettro-acustiche e/o elettroniche) che bilancino il proprio mood tra sperimentazione e melodia, senza ombra di dubbio il nome di James Elliott – in arte Ateleia – potrebbe trovarsi comodo all’interno di una possibile playlist del genere; magari accompagnato da colleghi affini alla materia, quali Pita, Taylor Deupree, Ian Epps, Tu m’, Pirandelo, Motion…
Co-fondatore dalla stessa Antiopic, Mr Elliott ci consegna il suo primo lavoro sulla lunga distanza e senza essere troppo pretenzioso, architetta un gioiellino di elettronica densa, mediante linee di composizione semplici e alla mano di tutti: soprattutto dei fruitori, magari neofiti e curiosi di entrare a contatto con armonie fulgide, lunghi ‘vialoni’ di ambient, leggere infiltrazioni dei field recordings, glitch sopra le righe, minimalismo e quant’altro…
Tutti gli ingredienti sono cucinati dentro un solo contenitore con certosina attenzione affinché i ‘condimenti’ risultino all’orecchio leggeri e digeribili… tutti d’un fiato.
“Swimming Agaist The Moments” nasce anche grazie all’aiuto portato da un manipolo di ‘gente’ vicina ad Elliott e habitué della label di NYC: compaiono Sadek Bazarra – con sei corde, synth e batteria elettronica – Bryan Collins – ai sampler – David Daniell dei San Augustin – iper-preso da chitarra baritono, synth e post-produzione – Jon Philpot – sempre al synth – e Need Windham – piano elettrico e post produzione.
Una scenografia surreale è disegnata per tutti i segmenti che ornano il disco, la densità si muove su misure disuguali, ma Ateleia ci tiene a far apparire le composizioni congiunte da un sola narrazione: si comincia col tocco fennesz-iano di On All Fours e si passa ai vorticosi ‘mulinelli’ ipnotici in Every Spoken Is A Word That Remains, ci si immerge nelle atmosfere placide e marine à la Paul Schultze: la bellissima e sotterranea psiche di Production And Poverty, svolazzando per brevi passatempi percussivi – Adaj; leggero spazio al caos in F.T.P., habitat estatico e trascendente in To Sell The Ground From Unborn Feet Forever, conclusione riservata ad un classico paesaggio di pacata ambient in Tested By Habit, Strata and Brine.
Non ho (ri)nominato Pita nell’accennare i brani perché avrebbe invaso il campo con una certa invadenza, alimentando mediante la sua ultima prova, “Get Off” *, molte somiglianze con la lucentezza della musica di Elliott.
Spero che in procinto di chiusura, mi siano concesse due parole per lodare i meriti dell’Antiopic: etichetta nata tra gli impulsi frenetici della grande mela e subito differenziatasi dalle altre sue colleghe per il taglio ‘politico’ che la contraddistingue. Diverse operazioni hanno evidenziato il target antagonista nel modo di lavorare e pensare: dalla gestione della label secondo una logica ‘collettivista’, alla diffusione per il web di vere e proprie compilation in mp3 (le “Allegorical Power Series” ** uscite sotto più volumi) dove comparivano artisti importanti di tutto il globo e chiaramente liberamente scaricabili.

* “Get Off” è uscito per la svedese Hapna nel 2005.

** E’ possibile leggere una recensione di “Allegorical Power Series Vol.III” andando a consultare l’archivio cumulativo delle recensioni di Sound and Silence (www.sands-zine.com)

Voto: 7

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Autore: mariacenci@alice.it