(Secretly Canadian/Wide 2006)
Danielson è Daniel Smith ed assieme a fratelli,parenti ( ci sono ben 6- Sei! – Smith oltre a lui ) e amici (alcuni davvero molto noti: Sufjan Stevens e Why? su tutti) ha messo su questo folle collettivo alla ricerca della pop song perfetta.
Dopo l’esordio del 1995 e due concept album in fila (“Alpha” nel 98 e “Omega” nel 99) seguiti poi da “Fetch The Compass Kids”, lavoro che celebrava la famiglia e “Brother Is To Son” che invece si occupava di identità personale e della comunità.
Adesso è la volta di “Ships” che esce su Secretly Canadian.
Come ingredienti ha messo un pout-pourri a volte anche sconclusionato e confuso, molta (forse troppa) carne al fuoco per un album che cerca spesso e volentieri la carta per stupire ma finisce per trovarla solo in alcuni casi.
Si parte bene con un primo pezzo convincente che sfiora Architecture in Helsinki da una parte e Rocky Horror Picture Show dall’altra. Cast it At The Setting Sail è un bel caleidoscopio di suoni con in primo piano tastierine e coretti post-adolescienziali e anche BloodBook On The Half Shell convince scanzonata fino a…
fino a dei vocalizzi che rimandano addirittura al terribile falsetto stile Darkness e poi chitarrine inutili, pezzi orchestrali senza arte nè parte che pregiudicano il risultato finale.
Comunque questo disco ha i numeri per rialzarsi (e anche per ricadere) e lo fa diverse volte nel corso di quarantadue minuti di musica.
Rimane l’ampissimo spettro di stili e registri che Daniel Smith riesce a immortalare nei suoi deliranti quadretti postmoderni riuscendo a dipingere undici canzoni in cui non è facile trovare un filo logico ma soltanto una buona dose di follia…alla fine rimane comunque un pizzico di perplessità…
Geniaccio o cazzaro?
Facciamo una via di mezzo?
Voto: 6
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Autore: leonardzelig@tiscali.it