(Unsounds 2005)
“The Buffer Zone” del compositore Kyriakides è potente e struggente
affresco sulla separazione.
Inizialmente concepita per il teatro, l’opera si occupa del dramma della nekri
zoni (dal greco; dead zone letteralmente) che divide in due l’isola
di Cipro dal 1974 ed è presidiata dalle forze delle Nazioni Unite che vigilano
su eventuali sconfinamenti territoriali.
Lacerazione interiore; silenzio ed immobilità.
Una sequela di villaggi abbandonati, luoghi silenziosi, porte frettolosamente
sbarrate; uomini in divisa che si aggirano nel nulla.
Un luogo in cui il passar delle stagioni non conserva nessun significato.
Un non luogo dove il pensiero dei soldati si disgrega lentamente, quasi
una lenta morte parallela.
Rarefazione, un motore in lontananza che non scalfisce il silenzio, il peso dei
propri pensieri, delle parole; un’enorme tensione fisica e psichica.
Kyriakides si è trasferito in Inghilterra con la famiglia nel 1974 subito
dopo quei tristi giorni, ma una lacerazione del genere non è sanabile unicamente
prendendone le distanze.
“The Buffer Zone” si rivela essere anche senza ausilio dell’immagine
un potente distillato di quel che alberga nelle menti dei pochi occupanti forzati
che risiedono nella zona.
Utilizzando frammenti di voci catturate in ambiente e liriche intromissioni di
piano e cello (Marc Reichow e Nikos Veliotis, bravissimi letteralmente!),
Kyriakides sviluppa un percorso auditivo di grande emozionalità
(tensione).
Si viaggia a vista lungo coordinate avanguardistiche che si sporcano di volta
in volta di scorie concrete se non addirittura industrial.
Netta la percezione di esser all’interno di una zona politica dove il tempo
è stato realmente sospeso se non abrogato del tutto.
Le cupe intromissioni vocali di Tido Visser (dal Kassiopea Quintet)
e Aylet Harpaz accompagnano l’ascoltatore severamente delineando un paesaggio
prossimo all’operato della Meira Asher più polemica o dei
Neubauten più ispirati.
66 piccoli frammenti che si compenetrano e all’improvviso (dal 35 al 42 più
o meno), rilasciano uno scroscio copioso di intensa e combattiva indignazione
che si tramuta in una serie decisa di battiti digitali che sfumano all’orizzonte.
Opera urticante.
Avvicinarsi con cautela è consigliato.
Voto: 7
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