Bruno Arpaia ‘Il Passato Davanti A Noi’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di Roberto Pazzi

robpaz@libero.it

BRUNO ARPAIA – “Il passato davanti a noi”
pp.507 – € 17,00 – Guanda ed. – 2006

«Insomma, avete perso. Eppure non è chiaro chi abbia vinto davvero la partita».
A leggerla così, in poche righe secche come stilettate gelide, la “morale” dell’ultimo libro di Bruno Arpaia sembra non dare scampo, puntuale come la morte (anche collettiva).
E’ vero i tristemente famosi, e forse mai troppo analizzati, “anni settanta” raccolgono in sé uno spaccato sintomatico dell’intera storia repubblicana: stragi di stato, corruzione politica, scandali affaristici e finanziari, eversione di destra, terrorismo di sinistra, servizi deviati.
Eppure a vederli in controluce, con gli occhi aperti al mondo di chi all’inizio del decennio era appena un adolescente, sono stati anche anni di formazione che hanno determinato il nascere di una “nuova coscienza civile”.
Anni in cui il protagonista-narratore Alberto Malinconico – nomen omen – cresce e fa le sue prime esperienze di “vita collettiva” e privata (leggi sesso e dintorni). Ed intorno a lui una combriccola eterogenea di amici della periferia napoletana, che trascorre serate intere a discutere di politica (con la “P” maiuscola) ed organizzare manifestazioni cercando di capire dove va il mondo, senza accorgersi che proprio dentro casa sta crescendo quel mostro tentacolare che si chiama “camorra”.
Ed il risveglio sarà doloroso.
E’ vero questo “romanzo civile” della Campania di ieri lascia l’amaro in bocca; ma leggere in oltre cinquecento pagine dense la storia di Alberto, Angelo, Tonino “Stalin”, Livio “il Cinese”, Zizzadoro e gli altri, non è un ripercorrere sterile la storia di un fallimento della “generazione del ’68” e l’abbandono di ogni ideale.
Perché, come riflette a voce alta Alberto in una delle pagine più emozionanti del libro, «tutto sommato, non si è risolto solo in un grande fallimento quello scombiglio di riunioni, scioperi, cortei, quella frittata di idee, di scoperte e di entusiasmi, di sogni e incubi mescolati insieme. Non solamente, come spesso si è detto, perché, grazie anche a voi, l’Italia si ritrovò di colpo più moderna, più civile. La trasformaste molto in profondità, altro che cazzi».
In fondo «tutto sta a perdere con qualche dignità (…) Alla finfine, conterà soltanto non morire vergognandosi di quello che si è stati».