(Palomar Records 2005)
Un gruppo nato nei laboratori creativi Dobialab che propone una strumentazione tipica di quel free jazz di fine ’60 con le uscite di Davis: Fender Rhodes e flauto. Qui si inserisce in più una componente elettronica d’ambiente e di field recording che amalgama il tutto.
Quando i pezzi si fanno incalzanti e costruiscono delle frasi che vanno oltre il free, insomma quando le tracce ‘pesano’, si sente che il gruppo vale: questa sensazione nella maggior parte delle tracce ci mette un po’ troppo ad arrivare. Sicuramente la presenza di effetti video nei crediti dell’album ci fa capire che il loro approccio è visionario/visivo e legato anche alle immagini.
Il disco sembra essere un diario in un percorso che probabilmente merita più attenzione alla connessione tra audio e video. Non si potrebbe pensare di proporre un DVD che accosti alla musica qualche immagine o filmato? Senza il video o senza una maggior attenzione alla non dispersione – seppur con un ottima componente tecnico-strumentale – il disco arriva appena sopra alla sufficienza.
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Voto: 6
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