L’Ombra Del Vento
Il Libro Analizzato Dai Fight-Bookers:
Carlos Ruiz Zafòn ‘L’Ombra del vento’
Editore: Mondadori – Anno 2004 – Traduzione Lia Sezzi
commento di Ianex
Rispetto ad altri romanzi di formazione animati da una forte matrice
“meta-letteraria” (La Storia Infinita in primis), L’Ombra del Vento sembra
indirizzare i propri simbolismi verso la riscoperta della storia, individuale e
collettiva, anziche’ concentrarsi su una commemorazione nostalgica dell’infanzia
perduta. Nel testo di Zafon, il passato non assume infatti i contorni
malinconici di un’innocenza popolata da luoghi fantastici e figure immaginarie,
ma ha i tratti sin troppo reali della guerra civile… che qualcuno in Spagna
vorrebbe cancellare ad ogni costo, apparentemente: il ricorso costante al fuoco
come metafora della distruzione e dell’oblio appare in questo senso estremamente
eloquente, basti citare il cognome dell’ispettore Fumero (comprensibilmente
desideroso di dimenticare la propria sfortunata gioventu’). Senza dimenticare il
duello fratricida tra Julian e Jorge nel finale, ennesima riprova di una
“intentio” storiografica celata dietro le spoglie di un’opera avventurosa. Non a
caso, l’ansia di crescere a tutti i costi per amore di Clara (cieca sotto ogni
punto di vista) diventa subito un valore negativo nel giudizio dell’autore,
mentre la riscoperta del libro abbandonato dentro la vetrina di Barcelo’ rimette
in moto gli eventi e fa tornare Daniel di nuovo bambino.
Seppur doloroso, il passato va recuperato in prima persona, sulla nostra pelle.
Ecco perche’ la vicenda privata del protagonista s’intreccia con quella di
un’intera nazione. Il ricordo sbiadito della madre significa anche questo, e
Daniel lo dichiara apertamente: cercare Julian vuol dire anche ritrovare la
memoria. Peccato allora per un finale eccessivamente frettoloso dove la lettera
di Nuria Monfort sembra annullare di colpo ogni legame tra le peripezie di
Daniel e la vicenda di Julian, spezzando quella continuita’ tra presente e
passato inaugurata dalle prime pagine del racconto.
Peccato inoltre per il ricorso abbastanza frequente ad una simbologia di stampo
freudiano, colpevole d’imbrigliare le potenzialita’ immaginifiche del romanzo
entro alcuni stereotipi malati di razionalismo.
Ma sono peccati veniali per un testo in grado di inaugurare il Fight Book nel
modo giusto: ovvero, insinuando il dubbio che il termine di scadenza mensile per
le riunioni sia addirittura troppo ampio, soprattutto quando il titolo scelto si
dimostra tanto avvincente da divorarlo in poche ore!!!
Ianex
commento di Aldo
Prima una confessione:
leggere per fightbook, contrariamente alle mie aspettative iniziali, non è stato
per nulla semplice…
anche se era stimolante il pensare di scoprire un libro simultaneamente con
altre persone, quando avevo del tempo per leggere spesso venivo assalito da un
perverso senso di dovere e di “compito a casa” che il più delle volte mi faceva
desistere dall’impresa.
In più ci si metta che il leggere per divertimento si è dovuto adattare al
concetto di “lettura responsabile”… (perchè qui non leggi solo per te ma
anche, e forse soprattutto, per gli altri…) e quelle pagine che in altre
situazioni magari venivano lette distrattamente stavolta subivano seconde o
terze riletture per evitare di perdersi “elementi fondamentali”…
Va da se che il “blocco di lettura” è stato rimosso solo quando ho smesso di
pensare a tutte questi obblighi e sono ritornato alla classica spontaneità di
lettura (con tanto di lettura distratta) che per me è in fondo l’unica medicina
per gustarsi veramente un libro e ottenerne per di più i frutti migliori!
Ma ora veniamo al libro:
contrariamente a quanto potevo immaginare, nel rileggere gli appunti di
riflessione che mi ero fatto su questa opera di Zafòn, vedo che sono venuti
fuori quasi solo elementi di critica negativa e ben pochi apprezzamenti.
equivarrà a dire che questo libro non mi è piaciuto? ma andiamo per gradi…
L’attacco iniziale è di sicuro una delle cose più felici. l’autore ci sfida a
leggere il suo libro mettendoci a confronto con personaggi rapiti totalmente
dalla lettura di libri mirabolanti (che guarda un po’ hanno lo stesso titolo di
quello che tu stai leggendo…) quasi fosse la prima volta di un incontro
sessuale… di qui il paragone è ovvio: se il protagonista (che per di più è
bambino) ci riesce, perché tu (che ti ritieni più adulto) non puoi almeno
provare???
Questa immedesimazione viene aiutata dall’idea ruffiana ma accattivante di far
parlare il protagonista con le parole ed i concetti adatti alla sua giovane età
che sembrano pertanto più spontanei e sinceri (anche se a pensarci bene questo
rafforzerebbe la finzione del tutto: visto che il narratore quando scrive è
ormai adulto… ma noi, che siamo abituati ad essere presi in giro per cose ben
più serie, accettiamo il gioco e chissenefrega…)
Forse però quello che ci spiazza subito è che le nostre aspettative vengono
quasi subito deluse (purtroppo siamo così esigenti noi con le nostre idee di
“metalibri”!?!?!). Infatti l’idea iniziale di proteggere un libro (custode di
conoscenza) e di salvarlo dalla distruzione delle forze del male (che, come in
un classico cliché delle più note distopie, ha come scopo quello di eliminare
tutti i simboli del pensiero libero) a tutti gli effetti purtroppo è solo una
prima trovata per parlare d’altro.
Perché in sostanza il libro non è altro che una storia “nera” di amori non
corrisposti o per meglio dire è il rendere come assoluta l’idea che è solo nel
puro desiderio di amore che esiste la vera felicità. è l’ideale di amore
cavalleresco all’ennesima potenza. va da se che l’inevitabile cupezza di fondo
viene fuori dal presentare che mai e poi mai questi sogni si possono realizzare;
perché il Destino, unico gestore delle ns. vite, non ci fa mai ricambiare
l’amore offerto e, anche quando questo accade, ci si deve accontentare di
affetto e riconoscenza scordandoci del classico amore con la A maiuscola.
Nello svolgersi della vicenda fra la storia principale (l’amore-odio che si
instaura fra gli “amici” di Julian) e la sovrastoria (la crescita di Daniel) che
a ben vedere sono solo unite solo dall’amore (anche qui non corrisposto) per la
penna di Hugo (!?!), compaiono un nugolo di personaggi che molto spesso scadono
nella semplice caricatura. un esempio su tutti è chiaramente Fermín Romero de
Torres sorta di unione fra un Pantagruel (per le eterne voglie dei suoi “bassi”
istinti) e un Don Chisciotte (sia per l’amore per la sua assurda Dulcinea e
purtroppo ancora di più per gli ideali politici !!!) che rimane quasi sempre
fuori registro in un’atmosfera generale dove quasi tutti sono sempre dipinti a
tinte fosche e scure.
Più apprezzabili invece sono i riferimenti al senso del corpo e alla necessità
di eliminare l’idea del peccato con la massima che “ciò che è naturale non può
essere maligno”. morte, sesso e passioni sono elementi naturali e non
sovrastrutture da rifuggire – tematiche che ci fanno ricordare Gabriel Garcia
Marquez ed il suo mai dimenticato capolavoro “l’amore ai tempi del colera”.
Comunque dovendo individuare il peggior difetto di tutta l’operazione è
decisamente da ricercare nella perdita di ritmo… o per meglio dire nella
perdita di tensione narrativa. questa mancanza diventa macroscopica nel passare,
dopo le prime pagine che a loro modo invece sono molto intriganti, alla lenta e
inutile descrizione della vita di Daniel. ma ancor peggio è la continua
sensazione di ritrovarti a pensare al perché stai facendo la fatica di leggere
(nel bravo lettore non c’è un dubbio peggiore di questo). la spiegazione può
essere nel vago senso di ineluttabilità di tutta l’operazione che spesso ti
faceva dire che niente ci poteva essere di così sorprendente ancora da leggere e
quindi che senso aveva proseguire ?!?!
E così (anche se a ben vedere a fatica) si arriva al “lieto” finale che poi alla
fine è quello che completa il danneggiamento del tutto in maniera irreversibile.
anche se al protagonista non viene concesso completamente il classico “…e
vissero felici e contenti” (visto che ormai Daniel è cresciuto e quindi da uomo
non può che pensare ai suoi doveri e rimpiangere la sua infanzia e ciò che non è
andato come avrebbe voluto… Leopardi ne sarebbe stato orgoglioso!) in un
romanzo dove tutto quello che può andare male fa di tutto per andarci, perché
poi l’unico vero cattivo dovrebbe morire e dovrebbe invece trionfare il bene?!?.
Non resta che un ultimo appello: visto che la fiducia che intercorre fra chi
scrive e chi legge è una cosa delicata, deve essere curata con attenzione.
poiché il lettore che sente di essere stato troppo ingannato rischia di pensare
che anche il resto può essere un inganno e allora tutto il castello della favola
cade miseramente sotto la spietata mannaia della ragione. in altre parole: “caro
scrittore, se ti scappa detto che un personaggio deve morire, non inventarti
inutili scappatoie… FALLO MORIRE E BASTA!!!”
Difficile dare un “giudizio finale” che non sia l’elenco delle tesi già esposte
ma se dovessimo sintetizzare il tutto potremmo dire: “il testo presente i
classici difetti dell’opera prima”. c’è troppa trama (anche se in fondo
intrigante), ci sono troppe pretese (anche se con spunti intelligenti), e nella
foga di metter tutto ci si perde e si rischia di far perdere anche il lettore…
sembra come se l’autore avesse passato la vita ad appuntarsi una serie di
personaggi, di suggestioni, di idee e le avesse volute mettere tutte insieme in
un unica opera che però, per un assurdo contrasto, rischia di farle naufragare
tutte insieme… (forse andrà meglio per la sua prossima prova!?!?)
Nota a margine ovvero “un altro libro è possibile”
come sarebbe stato bello se l’invasato che vuole distruggere ogni libro fosse si
Carax ma a causa di un “patto col diavolo”. dove lui avrebbe “avuto” la sua
amata Penelope solo quando nessuno si fosse ricordato più di loro e del loro
amore… l’idea forte sarebbe stata quella che conoscere comporta anche
condividere e che quindi non può coesistere con la gelosia dell’amore
possessivo.
in questo senso l’amore per il recupero delle conoscenze perdute e la lotta per
tramandarle (fatta dagli “angeli-guerrieri” del cimitero dei libri dimenticati)
sarebbe stata combattuta da un altro folle Amore come quello per il “suo
tesssoro“ del più celebre Gollum… ma questa chiaramente sarebbe stata un’altra
storia ! (che, per caso, vogliamo provarla a scrivere noi???).
Aldo
commento di Annamaria
ciao a tutti, vi invio quello che la mia mente ha partorito, un po’
senza vergogna un po’ con timidezza…
Non so come si scriva la recensione di un libro perciò provo
semplicemente a scrivere, nero su bianco, l’eco di alcune sensazioni
e la memoria di un percorso mentale fatto di semplici tappe.
La storia
Il libro è un bel libro, un romanzo a tutto tondo con tanto di
narrazione ricca e avvincente, colpi di scena e climax. Un romanzo
che si costruisce lentamente dentro la vita del protagonista e che
racconta storie d’amore e di passioni, non solo le racconta, ma le
suscita pian piano nel lettore stesso attraverso uno stile immediato
e introspettivo. Sullo sfondo sfumatamene si dipana tutta la
tragicità della guerra e della dittatura che deturpa e insanguina
eventi e relazioni.
I personaggi
I personaggi sono delineati in maniera attenta e puntuale, con tinte
tutte vivaci, e ognuno sembra in qualche modo il protagonista di
una storia personale che si intreccia con quella degli altri. Sono
personaggi umani, che crescono e si arricchiscono attraverso le
vicende, che si riconoscono in divenire senza falsi clichè, esseri
che cambiano nel loro percorso di vita.
La metastoria
Non solo una storia di vite e di sentimenti, ma anche la storia del
rapporto per eccellenza, un rapporto contraddittorio e spesso
inquietante, fatto di sentimenti forti e alternanti, di amori anche
esasperati: il rapporto tra padre e figlio. Relazione che in tutto
il romanzo si fa metafora onnipresente dentro ogni storia. E’ il
rapporto che si esprime come capacità di prendersi cura senza
dominare, di creare senza possedere. E’ il rapporto tra l’uomo e il
suo mondo interiore, tra lo scrittore e il suo libro, tra il padre e
il figlio immaginato. E’ dentro questo rapporto che si possono
capire le due vicende parallele che attraversano il romanzo, quella
di Daniel che dal padre viene iniziato al mondo dei libri, e in
tutta la storia incontra sempre un padre che lo accompagna a
perdersi, a conoscersi, a ritrovarsi, fino ad essere a sua volta
padre; quella di Carax e del suo essere dentro e fuori i romanzi
che scrive. Anche lui padre mutilato che cerca un riscatto. E’ il
rapporto di chi vive nella paura di darsi troppo, ma non può non
dare, di chi sa che la vita rimane dopo la morte se si è in grado
di creare. Un figlio, un libro, poco importa, entrambi si fanno
espressione di una volontà di vivere oltre se stessi. E’ la stessa
volontà incarnata in negativo dall’ispettore Fumero che lotta per la
sua vita, ignaro di arrivare a distruggere se stesso distruggendo
tutto ciò che a quella vita aveva tolto il respiro dell’amore.
Questo secondo me il messaggio, o forse uno dei messaggi del libro.
Si sopravvive solo rimanendo nel ricordo degli altri, solo lasciando
una traccia di sé, che è il valore stesso del cimitero, immagine con
cui si apre e si chiude il libro. Luogo in cui non si celebra la
persona ma la memoria del suo esistere. Ed anche il cimitero dei
libri diventa il luogo in cui si ripropone il tema della paternità,
proprio in quel prendersi cura di un libro a tal punto da vivere
nelle storie in esso tracciate e da far rivivere chi, di quelle
storie, ne è il padre.
Da qui il senso del tittolo, L’ombra del vento, un romanzo nel
romanzo, ma anche la metafora della vita che come il vento può
passare leggera senz alasciare traccia, am può nache rimanere,
eterna memoria, attraverso l’ombra che qualcuno riesce e custodire
dentro di sè.
Scusate la lunghezza…al prossimo libro!
Annamaria
commento di Tommaso
Salve a tutti, fightbookers!
dato che amo la sintesi (e che per dirla tutta, sono a lavoro!)
cercherò di essere breve:
preambolo: Alduccio, ti prego, la prossima volta che si fissa una
data per la riunione mensile consideriamo anche un posto di riserva,
così non la mandiamo a monte! per come sono dis-organizzato io,
spostare una data equivale a cancellarla!
passo all’azione: il libro l’ho letto impiegando tutto il tempo a
disposizione, non tanto per via del master (o della mio presunto
analfabetismo!), quanto perchè l’ho letto a voce alta alternandomi
con Giorgia.
Questo tipo di lettura, inutile dirlo, tra i pregi registra
sicuramente una maggiore sensibilità allo stile dell’autore, pur
limitandone -forse- l’impatto emotivo. Ecco alcune impressioni che
volevo lasciarvi:
+ Il romanzo è decisamente coinvolgente e l’autore gioca bene le sue
carte, senza cadere nella sindrome del Codice da Vinci (o peggio di
Angeli e Demoni), dove tutto si trasforma in una cascata di colpi di
scena quasi stucchevole.
= Alduccio secondo me ha ragione quando dice che alcuni personaggi
sono macchiette, e Fermin ne è un esempio… ma non dimentichiamo che
è un romanzo sui romanzi, una rivisitazione dei romanzi d’appendice,
non certo un Madame Bovary 2, e che pertanto il realismo eccessivo
avrebbe stonato..
– Logorrea maledetta! in certi paragrafi secondo me un colpo di
machete sarebbe stato indispensabile… alcune descrizioni, alla
lunga ripetitive, sono oltre che inutili, stilisticamente orpellose.
– Non mi è piaciuto il taglio cinematografico impresso dall’autore
(non a caso uno sceneggiatore!). Ma questa è una questione di gusto
personale…
Complessivamente mi trovo in linea con l’espatriato Ianex: buona
scelta come libro inaugurale per il fightbook! Voto: 7.5
ciao a tutti, e buon dannatissimo caldo!!
Tommaso