Musiche Per Il 21° Secolo Volume 4

 

 

 

 

 

 

 

Rubrica Di Musica Classica Contemporanea di Filippo Focosi

filippofocosi@libero.it

 

Aaron Copland ‘Piano Sonata-Piano Fantasy’ (Naxos 2005)

Molti conoscono il Copland “populista”: quello, per intenderci, dei lavori orchestrali di ispirazione (musicale ed extra-musicale) folcloristica come come Rodeo, Appalachian Spring, Fanfare for the Common Man. Non molti, però, sanno del Copland “modernista” e innovatore, ben rappresentato dal presente cd dedicato a brani per piano solo del compositore americano. La Piano Fantasy è un esteso ed affascinante viaggio musicale, una sorta di lunga improvvisazione scritta in cui Copland sperimenta alcuni aspetti del linguaggio seriale, riuscendo però a farli sembrare miracolosamente naturali e fluidi. La Sonata è sicuramente più tradizionale, ma è anch’essa singolarmente evocativa tanto nei rarefatti movimenti esterni quanto nel ritmicamente intricato scherzo. Ma la vera gemma è costituita a mio avviso dalle Piano Variations, che rappresentano forse il punto più alto della tendenza sperimentatrice del compositore americano. Le variazioni si succedono in un aumentare di tensione che è proporzionale alla progressiva riduzione del materiale musicale: ogni singola nota viene dotata di una concentrazione emotiva estrema, e insieme di un’intensa drammaticità. Come ha affermato in passato Andre Previn, nella musica di Copland non ci sono delle zone dove ci si possa nascondere: tutto è alla luce del sole, eppure non è mai banale, meno che mai nelle Variations, capolavoro della letteratura pianistica del XX secolo.

Voto. 10/10

www.naxos.com

 

David Lang ‘Elevated’ (Cantaloupe Music 2005)

Cos’è successo a David Lang? Dov’è finito l’energico contestatore di I Fought the Law, o l’ironico e disincantato narratore di vita metropolitana di Cheating, Lying, Stealing? Negli ultimi anni Lang ha cambiato rotta ed ha cominciato a sperimentare una sorta di post-minimalismo rarefatto, sognante, un po’ nostalgico, ben rappresentato dal bel ciclo di composizioni intitolato Child, registrato in un precedente cd per la stessa etichetta. Nel suo ultimo lavoro discografico Lang ha però estremizzato questa sua tendenza poetica: ciò che prima era rarefatto si è dileguato in una ambient alla Brian Eno, ciò che era sospeso e sognante è diventato un pesante fardello (anche per via della esagerata − in relazione al contenuto musicale sviluppato − lunghezza di taluni brani), e quella che si poteva dire una lieve e disincantata malinconia si è tramutata in depressione. Il confine tra levità e pesantezza è talvolta labile, e credo che questa volta David Lang lo abbia superato senza accorgersene. Speriamo che nei prossimi lavori il compositore americano faccia un passo indietro.

Voto: 5/10

www.cantaloupemusic.com

 

Darius Milhaud ‘La Creation du Monde’ (Naxos 2005)

Darius Milhaud non era, per sua stessa ammissione, un uomo spiritoso: eppure la sua musica raggiunse talvolta vette di gioiosa esuberanza e di divertita spensieratezza, pur senza arrivare ai livelli farseschi e irriverenti del suo collega ed amico Poulenc. Ad alimentare questa tendenza contribuì certamente la passione di Milhaud per la musica sudamericana (ravvisabile in Le Boeuf sur le Toit) e soprattutto per il jazz. Quest’ultimo è l’elemento centrale del suo brano più famoso, ovvero La Creation du Monde, una sorta di Rhapsody in Blue ante litteram (in quanto la precede di un anno), dove dall’austera atmosfera iniziale si passa alla contagiosa vitalità ritmica tipica delle big band degli anni Venti. Va peraltro detto che in Milhaud è sempre presente anche un’esigenza di sperimentazione che lo porta a fare un frequente uso della politonalità e della poliritmia. In tal modo anche i suoi brani più apparentemente spensierati (come quelli appena citati) nascondono un sostrato ambiguo e sfuggente, e ci comunicano un’atmosfera che oscilla tra il riconoscimento del familiare e lo spiazzamento dell’estraneo.

Voto: 10/10

www.naxos.com

 

Astor Piazzolla ‘Complete Guitar Music’ (Stradivarius 2006)

La musica di Astor Piazzolla è straordinaria per vari motivi: uno di questi, abbastanza singolare, è che essa, pur essendo legata alla figura di Astor in quanto autore ed esecutore delle proprie composizioni alla guida di diverse formazioni, è stata oggetto di una infinità di riletture da parte di illustri personaggi della musica colta ed extra-colta (da Kremer a Galliano, da Yo-Yo Ma a Di Meola), con risultati spesso pregevoli. E’ quindi già una cosa degna di merito l’aver prodotto, da parte dell’etichetta milanese Stradivarius, un cd contenente le musiche che Piazzolla scrisse per la chitarra (quindi non per il suo strumento né per le sue formazioni), qui presentate nella loro versione originale e non rilette o reinterpretate (se si eccettua la sostituzione, peraltro azzeccata, del violino al flauto nelle Historie du Tango). Ancor più degno di merito è però il risultato dell’operazione: il cd ci restituisce infatti un Piazzolla esperto conoscitore dello strumento (vedi i Cinco Piezas), ardito sperimentatore della tecnica chitarristica, abile contrappuntista (Tango Suite), nonché straordinario narratore delle passioni umane. Di quest’ultimo aspetto, il terzo movimento del Double Concerto è l’emblema: sullo sfondo, ora dolce ora agitato da un procedere fugato, disegnato dagli archi, l’irresistibile motivo affidato al bandoneon, in appassionato dialogo con la chitarra, col suo incedere incalzante e reiterato sembra esprimere una tensione inappagata verso l’oggetto del desiderio, la rincorsa irrefrenabile verso la persona amata.

Voto: 10/10

www.stradivarius.it

 

Michael Torke ‘Ecstatic Collection’ (Ecstatic Records 2004)

“Il mio professore di università mi spiegava che il modo in cui si crea una forma consiste nello stabilire un punto di riferimento: si crea una stanza, si esce e si cammina fuori dalla medesima, ed infine vi si rientra. La forma-sonata funziona in questo modo, e così pure le canzoni popolari con un verso ed il coro. Ad un certo punto ho pensato: bene, se ti trovi ad un party di sabato sera, perché mai dovresti desiderare di lasciare la stanza? La mia idea fu quindi quella di trovare una qualche idea centrale che potessi sospendere nel tempo ed espandere attraverso continue variazioni, in modo tale da creare una musica che mantenga vivo il nostro interesse.” Le parole di Michael Torke sintetizzano la sua strategia compositiva e ci introducono a quella che può definirsi la sua poetica: la ricerca di una personale ed originale fusione tra il linguaggio del pop e quello classico. Pur non rinunciando ai sacri valori della composizione e della forma, il compositore americano ha tentato di rendere questi ultimi non tanto più accessibili (egli stesso ammette che “a nessuno piace essere imboccato”), quanto più capaci di esprimere un sentire contemporaneo, metropolitano, giovanile, esuberante. In questa ricerca Torke è stato influenzato dai fenomeni della pop art e della graffiti art, esplose negli anni Ottanta: “Alla Biennale di Whiney del 1985 le cose cominciarono a cambiare. Artisti come Kenny Scharf e Keith Haring fecero la loro prima apparizione. Essi combinavano colori solari e un senso di divertimento con una buona dose di ironia che mancava nei neo-espressionisti. Quel tipo di energia e presenza lo si può sentire anche in un brano come Ecstatic Orange”. Torke è quasi sempre riuscito nel suo intento, e il box di 6 cd (acquistabili anche separatamente) che raccoglie tutti i brani da lui precedentemente incisi per la compianta etichetta Argo ne sono la testimonianza. Non è un caso che egli abbia chiamato la sua nuova etichetta Ecstatic Orange (che è anche il titolo di uno dei suoi brani orchestrali più belli): Torke è un novello Gershwin, capace come questi di fondere le influenze culturali a lui contemporanee (nel suo caso davvero eterogenee: dalla dance di Madonna al minimalismo di Steve Reich, passando per le suggestioni offerte dalla pop art) in un linguaggio personale ed accessibile, coinvolgente ma non banale, ricco di vitalità e di ironia.

Voto: 10/10

www.michaeltorke.com