(Discus records 2006)
Neil Carver e Martin Archer sono due nomi attivi insieme da tempo dentro un ambito prevalentemente concertistico, in cui si denotava a pieno la sola matrice (totaly) improv.
“Artefacts” è il primo supporto prodotto spalla a spalla e nel cui organismo muta (radicalmente) la forma mentis eseguita sino ad oggi.
Il primo ‘dirottamento’ si riscontra nella composizione, come atto-veicolo studiato minuziosamente a partire dallo schioccare della prima nota. La seconda molecola è l’attenzione certosina serbata agli strumenti, in particolare da Carver che sperimenta alla bisogna un intreccio di ‘congegni’, da lui auto costruiti. Neil è principalmente un chitarrista ‘tuttofare’, ma inserisce in più di un brano la ‘stravagante’ figura del boxophone: unione inconsueta sotto un’unica forma del music boxes e dell’ukulele.
Ciò che si delinea – alle orecchie – da tale oggetto ‘artificiale’ è un canto magico e astratto, a metà strada tra un carillon stonato e stanco ed uno strumento a corda, meravigliosamente scordato.
Ma non basta, perché il nostro si destreggia a giocare-dialogare con elementi sonori presi in prestito dalla natura, quali l’acqua e il vento.
Proprio in questo frangente, viene utile la parola degli stessi protagonisti, nelle note interne al cd, che manifestano il preciso interesse di fondere in un solo colpo attrazione per i suoni naturali e per quelli ‘meccanici’, elevata ingegnosità per l’adopero di recenti tecnologie informatiche e diletto originale per la creazione di strumenti artigianali.
A questo punto, verrebbe da pensare a Oswald Spengler ed al suo “l’uomo e la macchina”… senza trarre in ballo nessun riferimento ideologico, ma solo l’essenza della metafora interna nel duo.
Il buon vecchio Archer pare restare (volutamente?) in sordina, durante quasi tutti i frangenti, dando modo così al compagno di affiorare al massimo dell’espressività – e del volume – col suo tocco onirico e spirituale.
“Artefact” è un (mega) viaggio(ne) complesso, irreale, denso di soluzioni ammiccanti, che qualsiasi buongustaio di musica improvvisata dovrebbe assaggiare a tutti i costi.
Ogni tassello di questo mosaico è costruito con una diversa combinazione degli strumenti;
First Artefact:Brodger, ad esempio, viene realizzata dall’associazione di chitarra elettrica e software, Forgotten Things, dalla simbiosi di boxophone, chitarra, percussioni, computer e clarinetto basso, The Hau ofthe Forest, dalla fusione di gongs, acqua, percussioni e sax sopranino…
Tempi dilatati, pensieri sopraffini, suoni sintetici ed umani, inconfondibile calore della nuova improvvisazione made in Sheffield!!!
Voto: 8
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