@Cosenza 20/07/2006. Cronaca di un concerto che è piaciuto a pochi……
Di Mauro Nigro
Vedere Bob Dylan è un evento. Vederlo nella propria provinciale cittadina, per quanto evoluta e ultimamente avvezza ai grandi nomi, vedi Lou Reed o Patti Smith, come Cosenza, è qualcosa di ancora più grande. Non così la pensavano, evidentemente, la maggior parte dei miei concittadini, dato che solo seimila persone hanno preso posto allo Stadio San Vito in quel 20 luglio, mentre lo stesso stadio aveva avuto problemi di capienza in occasione dei vari Vasco, Liga e Baglioni nazionali. Ed ancora più astiosi sono stati i commenti di molti astanti, alcuni anche professatinsi esperti musicali, nei confronti dell’esibizione di Dylan. Premesso quanto mi facciano cagare i miei presuntuosi conterranei per la loro infondata presunzione dico quel che penso. Sicuramente non è stato il più bel concerto di Bob Dylan, nemmeno lontanamente. Sicuramente questa non è nemmeno ai primi cinque posti delle tournè più belle dell’uomo che ha rivoluzionato la musica. Ma la verità, ciononostante, è che vedere Bob Dylan è un’emozione immensa. Sempre. Arriva lì, sale sul palco e fa l’unica cosa che gli interessi. Suona. E lo fa bene, adeguandosi naturalmente, all’età ed al cambiamento dei suoi gusti. La cosa più straordinaria di Dylan è proprio questa, che continua a suonare per se stesso prima di tutto, lo ha sempre fatto, attirandosi da sempre addosso le ire sia dei presunti fans da karaoke, che le critiche di presunti esperti musicali che gli rimproverano di non scimmiottare se stesso, come ancora fanno, per quanto sia divertente e spettacolare, gente come Iggy Pop o Mick Jagger. La capacità di non essere mai uguale a se stesso, di sbagliare pur di trovarsi diverso, di rendere i suoi brani immortali qualcosa di nuovo, è incredibile. Anche a costo di sembrare un bluesman old style. Che però si fa accompagnare da una band notevole, che non perde un colpo. E che alla fine, se non si produce in ridicoli siparietti dicendo “sazizza e vrocculi i rapa”, come molti cosentini avrebbero desiderato per sentirlo uno di loro, concede la pubblico di cantare con lui il ritornello del bis finale di Like a Rolling Stone. Bello, intenso, nonostante tanta gente che invece di andarsene perché lo spettacolo non gli piace decide di rimanere lì per rompere l’anima a chi invece vuole ascoltare, senza pregiudizi. L’unica cosa che davvero si potrebbe rimproverare a Dylan è magari di essere sempre scomodo e non accondiscendente, cosa stranota, ma ancora più tragico è che qualcuno nel 2006 ancora non sappia cos’è un concerto di Bob, come si comporti e di cosa diventino i suoi pezzi. A chi in questa serata ha visto solo un concerto blues non ho niente da dire. D’altronde io di musica non capisco un cazzo….