(Fosbury Records/Audioglobe 2006)
Può essere molto difficile recensire l’album di un gruppo che ami alla follia… non so se augurarmi che i Mosquitos rimangano un gruppo di nicchia oppure se sperare in un successo di massa. Molto probabilmente, nell’era delle Aguilera e Spears, la loro proposta musicale rimarrà un culto per adepti, per affiliati di una sorta di circolo massonico del rock… e forse questo è un bene, anche se mi piacerebbe immaginare Testani & co. in vetta alle classifiche e impegnati in un tour miliardario in tutto il mondo! Mi sono avvicinato con un certo scetticismo a questa nuova uscita, in seguito alle impressioni deludenti all’ascolto della loro ultima fatica, l’Ep di cover Brian di Nazareth and other assorted teen idols. Fortunatamente ogni paura si è dissolta già dalle prime note del brano che apre l’album, un’intro diretta e potente che ricorda sonorità affini a Steve Wynn ultimo periodo, quello dei Miracle 3 per intenderci, che ci guida verso una melodia efficace e d’impatto che vi ritroverete a canticchiare dopo pochi ascolti. Le melodie sono uno dei punti forza di questo lavoro, che scorre via veloce e lascia una sensazione di familiarità che fa venire voglia di premere di nuovo il tasto play. Sembrano aver aggiustato il tiro verso sonorità più marcatamente legate alla vecchia e cara new wave che oggi sembra essere risorta a nuova vita (vedi Editors, Franz Ferdinand, Interpol e chi più ne ha più ne metta) e che in questi brani costituisce una chiave di lettura importante (Sylvia e Zed su tutte) senza mai essere predominante o troppo banale. Per chi ama certe atmosfere post-punk primi anni ’80 l’ascolto di questi pezzi sarà particolarmente intrigante e familiare. Più volte il pensiero è andato alle melodie dei primi Wall of Voodoo, rilette in una chiave sonora memore del sound chitarristico degli anni ’90. Tanti rimandi che non tolgono però la sensazione di freschezza ad un album che offre diversi momenti esaltanti (non riesco a smettere di canticchiare la melodia di There is a shade, un brano che meriterebbe una promozione come singolo trainante dell’album), e che può diventare un fedele compagno di viaggio per un autunno che si prospetta lunatico e imprevedibile. Chitarre secche e una voce trascinata che riportano alla mente influenze che vanno dal Paisley Underground (vi ricordate dei Green on red?) alla scena indie americana degli ultimi 15 anni condita con abbondanti dosi di new wave prima maniera. Pur non avendo la forza compositiva dell’album che lo ha preceduto e che ho amato alla follia, rimane comunque un lavoro decisamente pregevole, che in poco meno di 40 minuti (viva la brevità!) è in grado di regalare molte emozioni e merita ripetuti ascolti. Lasciatevi trasportare dall’atmosfera da frontiera di By the gun, in cui il fantasma di Morricone flirta con una chitarra dalle sonorità surf e una melodia che vi cullerà e vi rimarrà a lungo in mente. Un album notturno adatto a una corsa in autostrada… senza meta… in solitudine. Bon voyage!
Voto: 6
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Autore: nessuno72@tiscali.it