(Leo Records 2004)
Evelyn Petrova “è alta,
robusta e bellissima” affermano le note di questo cd. E con uno
“spazio” interiore enorme, in cui convivono innumerevoli
personalità, ognuna con addosso una maschera pirandelliana, aggiungo io. Munita solo della sua incredibile voce e della fisarmonica,
strumento che maneggia con virtuosistico estro e a cui è
approdata dietro suggerimento della nonna che ne sosteneva l’utilità
ai matrimoni di paese,
questa musicista nativa di S. Pietroburgo propone una sorta di
concept work dedicato al tema dell’anno, in cui ogni brano
rappresenta un mese e le atmosfere legate ad una regione russa. È
un viaggio straordinario, dodici canzoni, partenza dal mese di Dicembre, radicate nella terra
del folk russo che sembrano un breve riassunto della vita con le sue
gioie e dolori, un manifesto musicale dotato di un carico emozionale
come di rado capita di sentire, a tratti quasi insostenibile. Qui
dentro c’è un po’ di tutto: la fatica del lavoro quotidiano,
la malinconia di un tramonto, la gioia di un sorriso, la dolcezza di
un bacio della buonanotte, il dolore e la felicità di un
parto, l’ubriacatura di una festa di paese. Tutto messo in scena
dalle personalità che dimorano dentro il corpo e l’anima della musicista, capace di passare in un attimo dalla dolcezza più
struggente all’isteria a scatti di gioia incontenibile al pianto
(October, la fisarmonica greve e sconsolata come una marcia
funebre, la voce straziata da chissà quale dolore e infine una
strana allegria fradicia di lacrime e disperazione). Forse qualcuno
potrebbe trovare questo disco viziato da qualche intemperanza di
troppo, ma la grandezza di Petrova sta proprio in questo suo darsi
senza freni, senza inibizioni, in quest’abbandono folle ai
sentimenti.
Voto: 8
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