Milano, Triennale, 20 settembre 2006_28 gennaio 2007.
Di Paolo Rossi
Se come me amate alla follia quei personaggi (veri e propri maestri) che con il loro cuore e la loro genialità tentarono di crearsi un varco ala ricerca del “senso della vita” allora non potete perdervi la mostra dedicata a Jean-Michel Basquiat, che ha aperto al pubblico mercoledì 20 settembre, ospitata dalla Triennale di Milano. Per rendere l’importanza dell’evento: 80 dipinti provenienti da ogni parte del mondo e soprattutto dalle gallerie Shafrazi e Bischofberger (ce n’è anche uno appartenente a Flea dei Red Hot), 40 disegni, installazioni video (3) e fotografie (50), la più grande retrospettiva mai allestita in Europa. Nato nel 1960 a Brooklyn, già nel ’77 Basquiat mostra una fortissima propensione ad uno stile di vita praticamente anarchico (da diciassettenne è fuggito due volte da casa), nonché all’arte, che in questi primi anni trova espressione nei graffiti. Jean-Michel si firma SAMO (Same Old Shit): le sue invettive contro l’ipocrisia e l’arrivismo della società newyorchese non passano inosservate e per primo il Village Voice pubblica un articolo su questo fenomeno. Oltre alla tag, una costante dei suoi lavori è il disegno stilizzato di una corona; la grande ambizione di Basquiat è quella di diventare famoso. Frequentatore assiduo del Mudd Club, amico di Madonna e dei B 52’s, la sua notorietà inizia a crescere, finché il sodalizio con Keith Haring, Diego Cortez e Warhol lo aiuta ad essere introdotto nell’ambiente dell’ East Village. Proprio Cortez diviene il suo primo gallerista e a partire dall ’81 la carriera di Basquiat non conoscerà limiti, se non quelli impostigli dall’abuso di eroina e dalla fine prematura (agosto ’88) dovuta ad un fatale cocktail di stupefacenti. La mostra ripercorre la sua parabola artistica, da Jimmy Best (1981, un dipinto costituito da una frase, che rappresenta il momento di passaggio dall’esperienza di graffitista a quella di pittore), passando per Fallen Angel, Mater, Obnoxious Liberals, Untitled-Skull, Horn Players, 6.99 Collaboration Warhol Basquiat, Toxic, To Repel Ghosts, Auto Portrait, Eroica ed Exu. Dai primi disegni coloratissimi e pieni di dirompente forza vitale del periodo ’81-’83 si passa mano a mano ad un tratto più rarefatto, alla maggiore presenza della scrittura e di tematiche a dir poco asfissianti ed ansiogene; dai dipinti-tributo alla musica e alle radici africane degli esordi, le figure che gradualmente invadono le tele sono ritratti (astratti, ma non per questo meno violenti) di tossicodipendenti, malati di Aids e di demoni mangia-anime della mitologia haitiana. Dove non arriva a comunicare con le immagini Basquiat invade le opere con miriadi di parole, che spesso sconfinano nel non-sense. La dèbacle è prossima. la siringa sostituisce sempre di più il pennello nelle mani di Jean-Michel.
Colonna sonnora consigliata mentre girate fra i quadri: ‘Kind Of Blue’ (Miles Davis), ‘Blue Lines’ (Massive Attack), ‘The Low End Theory’ (A Tribe Called Quest).
Voto10
http://www.triennale.it/index.php?idq=345