(Fratto9 Under The Sky Records / Jazz Today 2006)
Il post-jazz dei Caboto ritorna dopo un po’ di tempo a scaldarci i timpani in modo decisamente sorprendente. Il terzo album del gruppo bolognese – diciamolo subito – è un piccolo capolavoro condito da una salsa che mescola le vicende post-New York no wave, il minimalismo dei Tortoise e di Steve Reich con inserti che ricordano quelle sperimentazioni italiane anni 70 degli indimenticabili Perigeo o gli insert visionari (come nella title track) dei primi Soft Machine.
Una suite che sembra essere concepita come un unico pezzo che va dal più classico post-rock (Disarchitecture / Glass Elephant Goes Downtown, Death Inspired By A Kiss) al jazz-noise meditativo (Wake Up Okapi), dal rock psichedelico dei primissimi Pink Floyd che sfocia in un blues acido e corrosivo à la Voivod (stupendo l’attacco di Always Remember That Sex Is Deep Poison) alla ballad straniante che potrebbe stare nel nuovo disco dei Modest Mouse (Canedineve).
Non si può chiedere che di proseguire così. Lunga vita ai Caboto!
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Voto: 8
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