(Autoproduzione 2006)
Solitamente si dice che il modo migliore per raccontare una storia sia cominciare dal principio. In alcuni casi, tuttavia, è più opportuno iniziare dalla fine: la recensione di questo “L’Algebra Del Bisogno”, secondo lavoro in studio della band toscana Antinomia dopo l’omonimo ep d’esordio, è uno di questi casi.
Se il disco fosse stato tutto come la lunga (16 minuti) traccia conclusiva, Ruggine, un ipnotico mantra rumorista in bilico tra Velvet Underground (il mood acido), Joy Division (le parti cantate, che richiamano alla memoria la funerea I Remember Nothing) e Sonic Youth (il frastuono chitarristico), non dico che sarebbe stato un capolavoro – espressione ampiamente abusata oggi, a parere di chi scrive – ma certo si sarebbe trattato di un disco notevole. Invece no. Le altre cinque tracce si perdono in un mare indistinto di suoni tra il grunge e l’indie nostrano (Verdena e Afterhours su tutti), condite da testi banali, cantate senza nerbo e suonate maluccio (in particolare, la batteria blatera il più delle volte fuori posto).
La piattezza delle melodie è riscattata appena da una certa attenzione alla strutturazione dei brani, articolati oltre la media. In questo senso è esemplare la terza traccia, Gdl, in cui l’attacco à la Muse (il riferimento è ad Hysteria) cede ben presto il passo ad un piglio più aggressivo, grunge-noise oriented; cambio di tempo, e il canto si innesta su una ritmica di stampo Nirvana. Nel finale, il ritmo cambia ancora ed il cerchio si chiude.
Seguono le due insignificanti Drive In, Nessuno e la già citata Ruggine, e resta il rimpianto per un disco che avrebbe potuto essere molto migliore di quello che è.
Voto: 5
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