Punck ‘A Costant Migration (Between Reality And Fiction)’


(Creative Sources 2006)

Quello di Punck è un silente schiumar rabbioso,
impressionante dimostrazione di talento ascensionale; intransigente
visione espressiva.
Originale assemblaggio materico che
all’apparenza può risultar semplice; ma è materia che
ti scava le ossa questa.
Sottilissima capacità comunicativa
quella sviluppata, anni trascorsi ad affinar un talento compositivo
ammirevole, Adriano Zanni si
è volontariamente posto fuori dal cerchio, un isolamento
caparbio, fiero e passionale dal quale è germogliato questo
importante “A Costant
Migration…”.
Punck a partire da “Mu” del 2002
si è sempre caratterizzato per una concretezza espressiva
raramente riscontrata in tanti altri sperimentatori nostrani (ma in
questo caso il nostrano calza veramente stretto…), un’ascesa
appassionante dicevo, ogni lavoro un tassello aggiuntivo per un
puzzle entusiasmante, tutto un gioco continuo di sottrazione, una
visione acusmatica che brilla per snellezza ed aerodinamico profilo;
inquietante verrebbe quasi voglia di definirlo.
“Mu”
era l’alba, nel bene e nel male, livido e rabbiosamente contratto,
dentro il disagio era evidente, non si poteva ignorare, il successivo
“A Movie Without Images” del 2004 rilanciava quella
formula diluendola subdolamente per sottrazione appunto,
improvvisamente l’isolazionismo mutava in vero e proprio paesaggio
spinale
di ballardiana memoria; ma lo scarto decisivo avviene con
il successivo e splendido “Nowhere Campfire Tapes” del
2005.
Uno stralunato girovagare lungo i bordi di un paesaggio
innevato al crepuscolo, un groviglio inestricabile di pensieri ed
azioni; una rivendicazione/dichiarazione del proprio status di
abbacinante e tormentosa bellezza.
In qualche maniera, uno
spartiacque, il commiato/superamento di un particolare fenomeno
espressivo raggrumatosi intorno a certo astrattismo industriale
(molto ottanta) intriso di ingenua (splendida in molti casi…)
ricerca povera e velocemente scolorito in un vero e proprio; incubo
freak esotico/industriale.
L’ambient di Punck si è
scrollata di dosso quel residuo fisso ingombrante, strada facendo ha
integrato suggestioni riconducibili alla scuola concretista
francese ed alla musica per film vera e propria; si è fatta
snella e senza tempo.
Logico che a questo punto qualcuno dovesse
per forza di cose accorgersi del duro lavoro svolto negli anni da
Adriano, ci pensa allora la prestigiosa etichetta portoghese
experimental Creative
Sources
ad editare questo cd da inserire
prepotentemente fra le migliori uscite dell’anno in
chiusura.
Copertina splendida, screzi metallici su acque
apparentemente tranquille, un incendio interiore, un filo di suono
falsamente sottile che ti avviluppa l’anima come pochi altri a
livello mondiale (l’ho detto finalmente, evvai!!!), la sensazione
d’estasi al contrario che trasmette è unica; all’improvviso ho
capito!
Punck è un dinosauro, di quelli con una bella
cresta sulla schiena, irta di squame verdognole e denti lunghi ed
aguzzi, quando te lo ritrovi davanti capisci, stai ammirando la
bellezza dell’ultimo esemplare, sopravvissuto a se stesso,
circospetto e risoluto; la bellezza dell’essere.
Solo
un’onda impetuosa di parole mute e poesia visiva per l’orecchio
e poi ancora; vita in tutte le sue dolorose rappresentazioni.
Vita,
ed ancor di più; vita.
Adriano; io ti ringrazio di aver
realizzato questo lavoro.
Semplicemente disco dell’anno.

Voto: 9

Link correlati:www.creativesourcesrec.com