(Nu Bop 2006)
Un tutt’uno programmatico con l’appropriato titolo, “Di
Terra” è lavoro caldo ed avvolgente che proprio di
terra pare composto.
Un’insieme
intricato ed omogeneo di linee piano / contrabbasso / batteria, un
amalgama strutturale compatta ed allo stesso tempo ricca di sfumature
dove nessun interprete si lascia andare a virtuosismi ridondanti; una
semplice dimostrazione di grazia infinita sulla quale riflettere
attentamente.
Intrico di suggestioni mutevoli, scarti jazz
classico, fragranze blues in
controluce, movimenti repentini contemporanei, mai ottundente; serena
stratificazione linguistica con la quale riscaldare il
cuore.
Dialoghi e sovrapposizioni strumentali costantemente in
bilico sul filo della memoria; elisir lenitivo contro lo stress
auditivo.
Il trio, formato dal
contrabbassista canadese Lisle Ellis (fondatore
della NOW Orchestra ed attualmente membro
del trio What We Live), dal pianista Alberto Braida
(solista, duo con
Giancarlo Locatelli e collaborazioni eccellenti con Wolfgang
Fuchs, Paul Lovens e
Peter Kowald) ed
il batterista Fabrizio Spera
( membro di Ossatura,
Blast e dell’orchestra Mondo Ra), nasce da un
incontro avvenuto nel 2003 a Lodi, poi a cementare il sodalizio
artistico germogliante giunge propizia una serie di comuni
d’improvvisazione comprendenti Larry Ochs, lo stesso Ellis
ed il RARA ensemble
(quartetto italiano formato da
Locatelli, Tedeschi e, per l’appunto; Spera e
Braida).
Scatta la molla, s’instaura un processo collettivo fra i
tre, l’urgenza espressiva plasmata come strumento per proiettare
verso l’esterno le varie influenze e passioni sopite; un processo
fortemente correlato alla memoria.
Una prepotente inversione a u
verso le proprie radici con l’occhio rivolto costantemente al
futuro.
Emoziona la febbrile ricerca svolta, lucida catarsi (mai
rovinosa) che lascia trasparire in filigrana l’humus formativo di
questi tre eccelsi interpreti.
Viscerale e ricercato, un gioco di
muscoli lucidamente attivati sul filo dell’emozionalità
istantanea, le accelerazioni impervie di Cecil Taylor
martellate a forza sulla dolente poetica di Monk all’ombra
di afrori blues fortemente polemici (lo Shepp di “Attica
Blues” ad occhio e croce…).
Pulsazioni severe e gioiose
che puzzano di giornate difficili che hanno segnato la
storia.
Note aspre e traballanti (mai incerte…), cotte dal sole
e smussate dal vento; i giorni più belli prossimi a venire.
Lo
stato dell’arte.
Consigliatissimo!
Voto: 8
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