Di Roberto Pazzi
ANNA POLITKOVSKAJA
La Russia di Putin
Adelphi, 2006 – pag. 293 € 18,00
<Anna Politkovskaja, giornalista della “Novaja Gazeta” celebre per le sue coraggiose inchieste sulle violazioni dei diritti umani commessi dalle autorità russe in Cecenia, è stata assassinata da ignoti nell’atrio di casa sua, a Mosca, lo scorso 7 ottobre.
Un colpo di pistola ha spento una delle voci più libere e più critiche del giornalismo russo, eliminando una delle persone più scomode per il regime neo-autoritario del presidente russo Vladimir Putin.>
Così scrive Enrico Piovesana di Peacereporter.net sul numero di dicembre 2006 del notiziario di Emergency.
Tutto perfettamente vero. Ma come rendere su carta il dolore per una perdita indicibile di una delle voci più libere del mondo?
Una donna che con la sua determinazione si è battuta da sola (o con pochi fidati amici) contro le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani in una zona poverissima del mondo, eppure così ambita per via di quell’oro nero che tutto può.
Il capitolo introduttivo del libro si intitola <Di cosa parla questo libro?> ed in soldoni si può riassumere così: parla di Putin in un modo non accondiscendente e parla della voglia di libertà del popolo russo.
Un popolo che dopo decenni di regime comunista si trova ora a fare i conti con l’ex-capo del KGB assurto al trono di Mosca, che fa rispettare la sua legge con la forza e la violenza, in ogni parte del suo spazio di influenza (cioè le ex nazioni sovietiche).
Questo libro parla della vita nell’esercito in condizioni miserrime e da fame, di gente che è orgogliosa di difendere la propria nazione, ma è stata abbandonata dallo Stato.
Questo libro parla di processi farsa a carico di militari criminali che si vuol difendere perché sennò crolla il castello e la verità vera viene a galla.
Questo libro parla di madri che cercano disperatamente il corpo del proprio figlio scomparso nel nulla.
Questo libro parla della Russia vera che nessuna televisione occidentale ha il coraggio di mostrare e di cui nessun governo vuole sentir parlare, perché rimanere l’inverno al freddo non è piacevole e quindi è meglio tenersi buono il grande capo. E se poi si trova il coraggio di parlare, anche in consessi internazionali, anche noi abbiamo i panni sporchi (vedi come Putin ha risposto alle accuse dicendo, tra l’altro, che non possono venire le prediche da noi che siamo tutti mafiosi!).
Questo libro parla della guerra Cecena (una di quelle a bassa intensità, of course), in cui il male si incarna nel quotidiano abbrutimento del corpo e delle anime.
Dice Anna: <Perché ce l’ho tanto con Putin? Per tutto questo. Per una faciloneria che è peggio del ladrocinio. Per il cinismo. Per il razzismo. Per una guerra che non ha fine. Per le bugie. Per i gas nel teatro Dubrovka. Per i cadaveri dei morti innocenti che costellano il suo primo mandato. Cadaveri che potevano non esserci. Io la penso così.>
Per non dimenticare una voce libera.