Di Roberto Pazzi
GOFFREDO FOFI
Da pochi a pochi (Appunti di sopravvivenza)
Eleuthera 2006, pag,151 € 12,00
Spesso nell’avvicinarsi ad un libro si cerca di coglierne il senso partendo dalle sue prime righe. E così se ne legge l’inizio, cercando di capire se varrà il tempo che gli dedicheremo.
Io invece sono passato direttamente all’epilogo, nel quale l’autore ci da “consigli” su come vivere in questo presente, nel tentativo di dare una risposta all’eterno quesito che attanaglia l’uomo cosciente di sé: che fare? Come vivere in questo tempo attuale così abbrutito?
Dice Fofi: <Si riabilita il presente facendovi agire la nostra diversità, esaltandone le realizzazioni rivelatrici e l’ancora possibile bellezza del mondo (…)
Agendo da ponti tra culture e tra “identità” nemiche. Insistendo sul legame assoluto tra i fini e i mezzi di cui ci serviamo per il loro raggiungimento.
Non chiedendo agli altri quello che non siamo disposti a dare anche noi. Non disprezzando nessuno, ma esigenti con se stessi e dunque autorizzati ad esserlo anche con gli altri. Non accettando.
Aperti a tutti e in funzione di tutti. Ma trasmettendo le nostre acquisizioni, oggi almeno, nella confusione dell’epoca, da pochi a pochi.>
Non mancano nel corso della lettura punti ostici di disamina del passato/presente, ma nel complesso il pamphlet ha spunti notevoli di riflessione, sul significato dei movimenti, sul senso della politica, sul concetto di disordine, sulla consapevolezza del nostro essere in questo mondo, in cui il capitalismo ha vinto la battaglia con l’altro moloc (comunismo) creando quel figlio degenere che è il razzismo.
Da cattolico non condivido alcuni passaggi tipici di una sinistra extra-parlamentare (si diceva una volta).
Ad esempio il veloce sorvolo sul tema del terrorismo e su quello (non citato) dei “cattivi maestri”: forse il tema era fuori luogo, ma siamo proprio sicuri che il riflusso degli anni ’80 e l’egoismo del tempo presente non abbiano nulla a che fare con l’impegno degli anni ’60 e ‘70, degenerato poi tragicamente nel terrorismo in alcune frange non marginali?
E poi quel velo di cinismo che pervade gli scritti di una certa sinistra benpensante, che critica a priori il ruolo della Chiesa nella società, salvo i suoi figli illuminati legati al mondo della non-violenza (e/o pacifismo, vedi Capitini)?
Ed il comunismo quali mali ha prodotto e continua a produrne nella società di oggi?
Mi sono fatto un po’ prendere la mano? Forse.
In conclusione si può condividere l’inciso secondo cui <oggi la parte migliore della nazione (e della sinistra “reale”)[sic! N.d.a.] io credo di trovarla in altri tipi di minoranze, presenti “sul territorio” quasi dovunque e forse dovunque: professionisti di vario ordine che fanno bene il loro mestiere, con vocazione e responsabilmente. Medici e infermieri, preti e avvocati, uomini e donne, vecchi e giovani, noti e ignoti, insegnanti e bidelli, impiegati e ferrovieri, eccetera>
Nel complesso il libro è davvero stimolante, invitando a riflettere a mente “calda” (ossia discutendone con gli altri) su temi oggi “indifferenti” alla società consumistica, essendo noi così presi dal “materiale” da perdere il fine ultimo delle cose e della vita.