Alexandra Gardner ‘Lumínoso’

(Innova 2006)
 

Sarà pure banale, ma nominando Barcellona le prime cose che vengono in mente sono i colori, l’atmosfera festosa, lo scorrere ovattato del tempo e la luce dorata che caratterizzano la città spagnola. Molto pertinente allora il titolo di questo disco che dalla città di Gaudì trae la sua ispirazione, e che cerca di trasmettere sotto forma musicale parte delle suggestioni che tanto rendono affascinante la sua musa. Da un recente viaggio in città della compositrice/musicista Alexandra Gardner, e dall’incontro con virtuosi musicisti locali, di stanza negli studi della IUA Phonos Foundation, scaturisce dunque quest’opera che in maniera sistematica nelle sue tracce si dedica ad esplorare le possibilità di convivenza e contaminazione reciproca tra strumenti acustici e suoni elettronici; sia di natura prettamente sintetica che tratti da rielaborazioni di campionamenti ambientali. Per ogni traccia, un solo strumento per volta, dalla chitarra al flauto, passando per sax, marimba, clarinetto e trombone. Niente affollamenti strumentali quindi, e neanche sperimentazione estrema o generata del caso, che spesso fa tanto avant e che tanto mi/ci piace, poiché ogni brano è il risultato di un meticoloso processo compositivo, e l’elettronica si muove con passi delicati, calibratissimi, in mirabile equilibrio con la controparte acustica che non viene mai svilita né deformata. Sta proprio qui il fascino di questo disco, che ad un primo frettoloso ascolto mi è sembrato eccessivamente educato ed accademico, nel modo così naturale, potendo usare un termine anglofono direi seamless, con cui l’elettronica s’intrufola e decora con leggiadri tocchi di pennellate multicolore le piste del disco. La title track, che sicuramente mantiene fede al suo titolo, essendo illuminata da lampi flamenco, può trarre inizialmente in inganno, scarse le tracce evidenti di interventi elettronici. In effetti, qui l’elettronica si limita essenzialmente a campionare la stessa chitarra acustica, ne specchia le mosse, inghiotte e fa riaffiorare le note, produce, come anche altrove, complessi incastri polifonici, rendendo difficile ed inutile, identificare e separare i protagonisti. Sicuramente più evidente l’animato botta e risposta tra sax e computer in Tourmaline, dove le liriche evoluzioni del sax (e delle sue copie fantasma) vengono continuamente e fermamente interrotte da risucchi elettronici che rendono la composizione molto avvincente. Inizia invece come un giro di laptop del Kurzmann più addomesticato Ayehli, la marimba lo strumento protagonista, a cui si aggiungono field recordings provenienti da Ground Zero, che in più momenti ricorda le escursioni più colorate dei Tortoise ma anche Steve Reich.  Introdotta dai rumori di un nuovo giorno (il canto del gallo, le campane della chiesa…), chiude la lunga “sunrise meditation” di New Skin: musica di rinascita e re-inizio, che fonde la flebile melodia zen del flauto con i suoni processati del gong, delle percussioni, ed una miriade di effetti striscianti ed enigmatici. Tra ambient, tentazioni mistiche, fluorescenze digitali e documentazione naturalistica (acqua? uccelli? chiacchiericcio?), per le mie orecchie il piatto forte della raccolta. Notevoli per tutta la durata del disco l’inventiva e l’eclettismo degli interventi della Gardner, mai uguali a se stessi, sempre graziati da un tocco sensibile e sapiente, operosi come delle formichine che scavano sottoterra, lontane dallo sguardo, per poi emergere di tanto in tanto con forza da qualche pertugio, producendo risultati di una piacevolezza e freschezza disarmanti. Luminoso, proprio come da titolo programmatico.

Voto: 8

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