(Kipple 2005)
Indovinello: qual è il punto di contatto tra la musica elettronica e l’Antico Egitto? Risposta: il tempio di Hathor a Dendera. Gli scavi effettuati nel complesso anni or sono, infatti, portarono alla luce degli strani rilievi a forma di lampadine corredate di cavi e bobine. E diversi studiosi pensarono (e magari pensano tuttora) proprio che si trattasse di lampadine, ipotesi avvalorata dal fatto che gli egizi chiamavano “seref” (“illuminare”) le serpentine che vi erano all’interno.
Krell, archeologo e musicologo, dopo essersi recato nella patria dei faraoni ed aver esaminato i ritrovamenti, si è convinto che i misteriosi rilievi potessero rappresentare nientemeno che strumenti musicali elettronici (sorta di antenati del mitico theremin): ne ha tentato una ricostruzione e li ha suonati poi seguendo alcune iscrizioni presenti nel tempio. E così è venuto fuori questo “Electronic Music Of Dendera”.
Il disco contiene 13 tracce di elettronica minimalista, oscura, glaciale e rumorista, che fanno perno sul fascino incontestabile della commistione tra l’ancestrale dell’Antico Egitto ed il moderno dei suoni impiegati. Al di là dell’attrazione “a pelle”, per così dire, c’è da rimarcare come alcuni momenti siano decisamente noiosi; a questi si affiancano tuttavia alcuni spunti interessanti (anche se mai troppo originali): il gelido rituale pagano di Amenothep IV/Akhenaton, il battito tribale su cui scorazza un sinth “cosmico” di Heavencontact = Pyramid, le “sviolinate” oblique di Anubi e l’ambient-noise di Kleopatra Birthdeath.
Da ricordare, infine, la partecipazione all’opera di Paola Bianchi, che in alcune tracce (Kleopatra Birthdeath, Amenothep IV/Akhenaton e Anubi) ha prestato la sua voce all’interpretazione di antichi testi egizi e di The Afeman, che si è invece occupato all’aggiunta di alcuni suoni “extra” al disco.
Voto: 6
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