Un reportage diretto nel mood contemporaneo e multi-espressivo di una nuova, quanto innovativa, avant-label italiana. Il jazz, l’avanguardia e l’elettro-acustica raffinata di casa Amirani.
Amirani sound
di Sergio Eletto
‘Lo stato delle cose non significa né unità, né totalità, ma molteplicità. Nella molteplicità quel che conta non sono i termini o gli elementi, ma ciò che esiste ‘tra’: il ‘tra’, dunque, un insieme di relazioni che sono inseparabili le une dalle altre. Ogni molteplicità cresce dal mezzo, come una foglia d’erba o un rizoma (…) o come le linee di Pollock.’
Gilles Deleuze
Appena entrato per la prima volta nella web-house dell’Amirani vengo folgorato dall’imprevista, quanto diretta, manifestazione del ‘verbo’ di un contro-pensatore come Gilles Deleuze, per mezzo di una sua citazione, posizionata nella home-page, mirata alla (giusta) importanza rivestita dalla molteplicità… da un’azione molteplice… per quanto riguarda le arti… i suoni invischiati a intrattenere rapporti di fusione con altre sostanze… la vita in generale.
In un panorama dove è sempre più ardito scontrarsi con realtà discografiche (ma non solo) costanti nell’estendere a tutto il proprio percorso di vita (produttivo e soprattutto ideologico) un carattere ben evidenziato e irremovibile, nonché stretto a visioni estetiche ‘artigianali’, vengo improvvisamente travolto da tutt’altra musica: prende vita e corpo, nell’orizzonte delle etichette indipendenti nostrane, una piccola-grande label che, dalla sete di conoscenza e dal desiderio di contaminazione libera del suo ideatore, pone a fuoco con perizia una filosofia di lavoro completamente personale.
La spinta dell’Amirani consiste nell’indagare, sia le nuove forme in movimento della musica contemporanea – sotto diverse accezioni, quali sound colto, improv-jazz, introspezioni soliste – sia il possibile (e continuo) dialogo di esse con altrettanti modelli espressivi: letteratura, arte visiva, teatro…
Una pratica che tiene da sempre impegnati ¾ di entourage artistica, orbitante attorno l’etichetta.
In questo breve spaccato ci buttiamo a capofitto dentro i primi tre lavori dell’etichetta, dove ognuno dei dischi trattati si muove in ambiti differenti, se non completamente opposti.
Piacevole…no?
Gianni Mimmo
“One Day Ticket”
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La spinta dell’etichetta inizia ad agire, inaugurando il catalogo con un lavoro solista ad oltranza. Gianni Mimmo semina per l’occasione un sentiero metafisico, misterioso, muovendosi come un vero e proprio scultore di nuda materia sonora, che da strati puramente grezzi riesce ad incidere forme eccelse di puro sound (senza mezzi) idilliaco, in equilibrio, tra pacatezza, silenzio e movenze viscerali. Lo scopo è tramandare, attraverso l’intervento sovrano del sax soprano, i riferimenti spirituali, le espressioni tipiche di Mimmo, ottenute sullo strumento (ideale) nello scorrere del tempo.
Tecnica e anima danzano inseparabili nella mente e nell’azione perpetrata di Gianni.
Un viaggio che alle volte potrà favorire scenari notturni, un preludio ‘compatto’ sulle musiche che hanno cooperato a edificare e saldare la linea timbrica, armonica, compositiva del sassofonista di Pavia: ancorata nella sua totalità ad atteggiamenti – autenticamente – contemporanei, ove linee di innovativo pensiero jazz si incrociano e si abbinano a riferimenti (un tantino) più accademici.
Ragion per cui si vedranno sciorinare pensieri congiunti tra il mood da ‘Africa nel sangue’ del Duca – Ellington – e la secca chiarezza dodecafonica di Webern di cui, in Die Sonne op.14, assaggeremo un (ipotetica) vena zen.
Due citazioni letterarie hanno il raffinato compito di aprire e chiudere il sipario a questa narrazione ricca di storia: richiami di ‘parole’ recitate direttamente dalla voce di Mimmo che includono versi di T.S. Eliot e T. Scialoja.
Oltre agli artisti gia accennati, nel cammino di “One Day Ticket”, troveranno asilo firme di gente del calibro di T.Monk, Mingus, Roscoe Mitchell, Steve Lacy; quest’ultimo personaggio, tra i punti di contatto più evidenti con la timbrica affinata e acuta dell’esecutore.
Non appaiono, comunque, solo opere altrui, trovano difatti spazio quattro partiture personali, di cui due risalenti al vasto “Catalogo Interludi”.
Un elemento sul quale è necessario ritornare conduce al felice flirt che intercorre tra il musicista-interprete-creatore e lo spazio risposto al silenzio, come vero e tangibile ambiente-oggetto echeggiante di ‘materia corporea: la conduzione piacevole che si percepisce nell’immergersi (a scatti e in ogni esecuzione) dentro tale fenomeno, mai come adesso, è pregno di comunicazione sonora.
Gianni Mimmo_Angelo Contini
“Two’s Days / Tuesdays”
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Forse, si potrebbe innalzare una conoscenza sul duo intestatario di questa seconda uscita Amirani, partendo con l’enunciare una fugace serie di pensieri, idee che giungono dritte al cuore del disco, con i quali gli stessi creatori hanno descritto l’anima di “Two’s Days / Tuesdays” all’ ‘esterno’.
‘…L’esplorazione di uno spazio costruito sul momento…’
‘…In un dialogo, il suono ha un modo speciale di accogliere e di mescolarsi con il silenzio e il tempo, il colore ha modo di svelare il suo formarsi…’
’… due strumenti, due modalità di dare, cercare suono, frutta insoliti sismi…’
Metaforicamente, dopo aver sollevato la mente con tali riflessioni, mi viene da paragonare il mood del duo Mimmo / Contini a quello di due giovani conoscenti, presi a pieno regime da una conversazione, libera e sciolta, riguardo la vita e i vari orpelli che la assemblano di volta in volta.
Due amici che, pur non nutrendo nessun astio l’uno contro l’altro, imboccano forme di pensiero, ma anche d’azione, di differente spessore.
E, quindi, facile comprendere che la forza di questo progetto risieda nell’evoluta capacità di entrambi nel porre il mezzo del confronto (l’arte del dialogo con la D maiuscola) al centro dello spazio (la performance) in cui, poi, lasciar vibrare i due fiati: sax soprano e trombone, per l’esattezza.
Altresì qui, anche secondo la verve del Contini, conta molto collocare, in quello che architetta, uno spazioso anfratto indirizzato al mixage – soffuso, meticoloso e alle volta tagliente – con il silenzio: giocando quasi eroticamente con esso, lasciando che in qualsiasi contingente diventi matura riflessione della musica in corso al momento.
Telegraficamente Angelo Contini è sia strumentista, quanto ricercatore, ha identificato il proprio ‘file’ artistico nel campo della musica jazz, dell’avanguardia e della sperimentazione tout court, sin dalla giovanissima età negli anni ’70. Inoltre, oltre a tenere stabilmente stage e corsi di formazione concerni tecniche alternative da eseguire sullo strumento, Angelo è anche un raffinato esperto di dijeridoo.
Undici composizioni che abbracciano, sia scritture del solo Mimmo, sia alcune formulate a quattro mani (Approach e Insects) adocchiando anche questa volta il savouir-faire da gigante di Steve Lacy: attraverso i pensieri malinconici di Naufrage, con la proposta ‘seghettata’ e virtuosa di Feline e con la pacata versione di Art, sagomata a colpi di soffi, rimbrotti e sbuffi percussivi.
Non rimane, quindi, che infiltrasi con una (rigorosa) tensione allentata tra le pieghe di Solve, geometrico assemblaggio di situazioni non canoniche; Emperor, melodia cameristica e minimale; Lost Signal, fugace corollario di astrattezze ‘naif’ al trombone di Contini; Alba sez. I, II, equilibrate riflessioni di – anche pimpante – melodia e silenzio
Questi titoli, solo per citare un parte dei migliori frangenti incontrati durante il tempo dell’ascolto.
Visto l’inizio, centrato volutamente sull’uso di metafore e concetti degli stessi protagonisti, è quasi indispensabile e doveroso mettere un punto alla fine e riproporre un altro ‘motto’ di pensiero fiorito dalla fucina creativa di Mimmo_Contini:
’… i temi come luoghi da percorrere in modo curioso insieme a due strumenti amici e antitetici,
due aspetti, istintivo primordiale l’uno, mentale e raffinato l’altro, sul filo di un crinale espressivo di grande energia creativa…’
Lorenzo Dal Ri_Gianni Mimmo
“Bespoken”
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Dopo aver sondato in queste prime due uscite, un incontro da ‘pochi gentlemen’ sulla (possibile) formulazione moderna di espressioni improvvisate, soppesate tra confezioni di marca contemporanea e – più istintivamente – jazz, osserviamo quasi con (erotica) incredulità alla mutazione, dal tocco pressoché croneberg-hiano, con la quale il vestito d’impeccabile sperimentatore acustico di Mimmo emigri in altre direzioni dello stratificato emisfero art-sonoro contemporaneo.
La carne… il nucleo che ci apprestiamo a rilevare sotto l’identità di “Bespoken” è un compatto lungometraggio di ‘attuale’ musica elettro-acustica: estrapolato da un tale contesto tutto l’autentico significato del temine, una commistione obiettiva di elementi acustici ed elettronici d’ultima generazione – field recordings, sampler, un’infinità di voci pre-registrate…
Dalla matura collaborazione (inverno del ’02) di Gianni Mimmo col musicista elettronico Lorenzo Dal Ri riceviamo, come un cazzotto vellutato, la conferma di trovarci dinanzi un effettivo outsider del suono: il boss dell’Amirani non ripone nel cassetto il beneamato soprano, allarga il suo raggio d’azione avvicinandolo alla compagnia del bass sax e – udite, udite – alla pratica del pianoforte, in doppia vesta, ‘reale’ e modificato.
Anche se tutti gli intenti e le molecole ‘bio-organiche’ dei due presagiscono in toto un ascolto di dure prove, a tatto, spigolose, riceviamo, al contrario, una rada brezza di inimitabile armonia.
Vero e proprio stato di tangibile benessere (auditivo) lontano, sia chiaro, chilometri da obsolete e patinate esperienze new age: viene sventolata, quasi con precisione statistica, la possibilità di ideare e mantenere costante un (ben) ponderato equilibrio, bi-coinvolto tra piacevolissima melodia-armonia e il contemporaneo adopero di tecniche di esecuzione e registrazione (cut up di sampler e strumenti e altri diavolerie) anti-conformiste.
Nel frattempo in cui viene pubblicato questo mini-reportage, i venti artistici della Amirani hanno gia condotto a destinazione un nuovo lavoro, “Samsingen”: interessante e inconsueto cd che raccoglie diverse tradizioni musicali (nord europee) e – come ben credo – rinvigorite visioni sonore avant-colte di (ormai suppongo) una certa classe.
Prima che compaia la recensione dettagliata del lavoro nei prossimi giorni su Kathodik, credo sia utile riportare di sotto le squisite parole poste sul sito in merito a questo quartetto di amici, formato dalla vocalist nordica Anna-Kajsa Holmberg e dai tre connazionali Nicola Guazzaloca, Andrea e Luca Serrapiglio, (di)vincolati da percussioni, vibrafono, fisarmonica, violoncello e basso clarinetto.
’… “Samsingen è un incontro e una vibrazione di quattro persone e, soprattutto, quattro musicisti: è uno dei benedetti incroci generati dalla reciproca curiosità e disponibilità di osservare come lontananze geografiche e culturali non producano solo accostamenti insoliti.
Soprattutto il desiderio di abitare la distanza, darsi e tenersi aperti, frutta sismiche magie di comunicazione. Non tanto il quartetto indaga la musica, quanto la musica sembra indagare quella relazione. Il filo di questa vicinanza sono arcaici testi della tradizione popolare svedese che la voce pura di Anna-Kajsa dipana lieve e terribile, trascolorati da linee sonore timbricamente allusive, verticali, calde e granulari, che rendono possibili visioni da più prospettiva egualmente intense… vere!
AMIRANI house: