Yellow 6 ‘Painted Sky’


(Resonant 2007)

Mi piace – sia al momento, sia in passato – attribuire, insieme ad altri, un carattere come dream-pop a quel contenitore di suoni dietro il quale si cela il marchio di Yellow 6: moniker che offusca la figura ‘reale e fisica’ dell’inglese-chitarrista-compositore Jon Attwood.
Intrecci di incantata musica minimale, soundscapes luminescenti ove armonia, un delicato (post) rock e una veriteria passione – PARALLELA – per il formato drone e per un’estetica che allo stesso tempo rimembra vecchi ricordi di un country secco, quanto gli esperimenti languidi e più vicini ad un collega ‘famoso’ come Ry Cooder.
Comunque tutto, però, il tocco di pennello-plettro del signor Yellow è fottutamente malinconico e senza nessuna retorica, o facile intuizione, ribadisco che aggettivi come lento, catatonico, notturno e struggenti assumono una rilevanza pazzesca nel modus operandi di “Painted Sky”, quanto in tutta la sterminata discografia impiantata da Attwood sin’ora; un percorso che comprende diverse uscite ufficiali, collaborazioni e cd-r, tra cui ricordiamo i limitatissimi cd autoprodotti natalizi, licenziati a cadenza annuale e battezzati “Merry6Mas”.
Un cammino, questo, che prosegue idealmente i fasti del passato “Melt Inside” (’05) ma che vede al contrario la completa assenza di componenti vocali che nel precedente avevano impegnato la grazia di Ally Todd.
Asciutta: la chitarra si lascia evidenziare – suona, vibra – in modo più naturalistico, vero, meno ‘inquinata’ da effetti elettronici derivativi o da post produzione; è lei ad essere dominatrice assoluta di lunghi cammini desertici, conditi da semplici, quanto disarmanti, arpeggi ‘mono-corde’ indolenti, fiacchi e perfettamente geometrici come la migliore tradizione post rock ha tramandato nella storia, mediante esperienze come Yellow 6, appunto, ma anche Labradford, Stars of the Lid, Brian McBride…
Solo, di tanto in tanto, una lontana spruzzata-presenza di drum machine (Common) o di piano (nye 2) ‘incombe’ sul tappeto complessivo di space-ambient, acustica a prova di bomba, che architetta Yellow 6 con elegia grazia in perle di romanticismo assoluto, come I Know I Shouldn’t (But I Do), I Loved You More Before I Knew You Loved Me, Realisation… un brano terribilmente ‘strappa-lacrime’ quale Pleasure / Pain.
David Lynch lo terrebbe a giusta causa in considerazione per la stesura di un prossimo trip-lungometraggio; Loren (Mazzacane) Connors farebbe bene a contattarlo per un’eventuale collaborazione, di studio o live che sia; noi, faremmo tesoro se non lo dimenticassimo per sempre in mezzo a quell’esteso territorio discografico che popola i tempi moderni.

Voto: 8

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