Emily Hay / Brad Dutz / Wayne Peet ‘Emily Hay / Brad Dutz / Wayne Peet’

(Pfmentum 2007)

Ma che bellezza!
Esoterica riunione a tre quella in questione,
aromi inebrianti di “Bitches Brew” a tingere l’aria di
dense e sottili nebbioline azzurrognole; affresco giocoso che flirta
apertamente con il vuoto.
Stimolante vortice espressivo quello
proposto, flauto e voce (Emily Hay, adorabile!), organo, piano e theremin (Wayne
Peet), percussioni (Brad Dutz), strumentazione parca,
l’assenza; l’essenza.
Bean Dip e
Filthy Washer che
sfilano via impalpabili, neanche te ne accorgi, ti trovi invischiato
in un suono aereo, a mezza strada perfetta fra sperimentazione e
pulsioni jazz raffinatissime, un motorino ritmico che irradia
etnicismi assortiti a svelarti angolazioni singolari.
It Can Be
Thick
con il suo organo esibito
sottotraccia a scaldarti la pelle, amplia la visione, poche note, una
evoluzione di flauto a menar le danze; la voce di Emily per istanti
complessi a volteggiar dalle parti di Dagmar Krause.
Ti
stupisci; non puoi far altrimenti.
Davis,
il concetto, la base da cui partire.
Lo spazio che si estende, un
piano ed un effetto; la notte che svapora nell’alba.
Di nuovo, ti
emozioni e ti abbandoni al torpore; perso dentro un sogno.
Tra le
uscite (per me), più affascinanti della Pfmentum sino a questo
punto.
Non ti chiede tanta santa pazienza, ti si porge
discreto, defilato, devi afferrarlo al volo; stringerlo gelosamente
con delicatezza.
Tisana lenitiva, oasi rigeneratrice, è
jazz nel ricordo, visione nell’atto.
E potrebbe anche esser
presagio futuro, la speranza che questo sodalizio artistico prosegua
nel tempo.
Sarebbe bello.
Molto bello…
La parte centrale
di Coming!, la struttura che
si dilata all’infinito, da qualche parte; nel bel mezzo di un rituale
screziato di metalli accarezzati.
Letteralmente ammaliante.

Voto: 8

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