Di Marco Loprete
‘Là non è qua’ è il titolo dell’ultima fatica letteraria di Jurij Družnikov, scrittore russo dissidente (e per questo censurato in patria per anni) emigrato negli States nel lontano 1987, dove tutt’ora insegna alla University Of California, a Davies. Nella premessa, intitolata significativamente “Un saluto dal facetist”, Družnikov si definisce sostanzialmente un autore di “storielle spiritose” (facezie, per l’appunto) – aneddoti, racconti umoristici, storielle, pezzi satirici che divennero popolari in Russia alla fine del XVII secolo. Il punto programmatico di partenza, se così lo si può definire, è che “un aneddoto è capace di tutto. L’Unione Sovietica – scrive l’autore – è crollata con l’aiuto di un aneddoto che aveva ridotto l’ideologia ad una caricatura”. Ma la vena critica di Družnikov non si sfoga soltanto contro l’ex URSS, ma si rivolge con arguzia anche all’attuale governo e alla società americana – questo malgrado il titolo del libro, che forse può far pensare ad un giudizio di valore più positivo per “là” (l’America) che non per “qua” (la Santa Madre Russia).
Ed ecco così questa bizzarra raccolta di scherzi letterari che è l’ultimo libro di Družnikov. Le composizioni sono tutte piuttosto brevi, giocate con sapienza sul filo dell’assurdo, del paradossale, del satirico: si va dalla vicenda di un uomo alle prese con una logorroica segreteria telefonica al racconto di una corrispondenza via mail tra un professore (Družnikov stesso probabilmente) ed un suo alunno un po’ troppo zelante; dal racconto di una fantomatica macchina in grado di perfezionare qualsiasi testo letterario (e che ha l’ardire di correggere, con risultati comprensibilmente grotteschi, persino un poema del grande Puškin) ad una tragicomica epistola inviata da una studentessa americana ai suoi genitori in Russia; dalla vicenda di un vecchio incaricato di pulire ogni mattina il monumento di Lenin dagli escrementi di una cornacchia a quella di un team di scienziati incaricati di progettare una scaletta per far salire più rapidamente sull’aereo il compagno Brežnev.
C’è spazio anche per alcune poesie, un paio di racconti autobiografici sul primo amore dell’autore e sui suoi sfortunati esordi giovanili in teatro, una raccolta di aforismi ed una serie di byliny novelle, tradizionali componimenti russi legati al racconto della vita di un tempo e di miti e leggende, qui plasmate nella forma e nel contenuto e piegate alla narrazione di “miti” ed “eroi” moderni.
Insomma, com’è facilmente intuibile, Družnikov non risparmia nessuno e con il suo stile limpido, lineare, preciso, il suo periodare breve e la buona padronanza nella scrittura dei dialoghi ci regala un affresco tragicomico della società contemporanea, dalla caduta del muro di Berlino in poi. Non un capolavoro, intendiamoci (“Angeli sulla punta di uno spillo” lo era), ma è indubbiamente un libricino assai gradevole, intelligente, ricco di arguzia, in cui traspare chiaramente il piacere dell’autore nello scriverlo e che, di conseguenza, regala al lettore il piacere di leggerlo.