Luca Pakarov ‘Terminal’

 

Di Luca Confusione

lucaconfusione@hotmail.com

 

Luca Pakarov ‘Terminal’ (Edizioni Clandestine 2007)

La letteratura è sempre meno un fatto individuale e sempre più cosa
pubblica.
Triste e vagamente giornalistico, non lo ritengo desiderabile per chi si
occupa di parola scritta.
Penso si scriva prima di tutto per se stessi, poi, senza nessun timore di
esser considerati egoisti, per gli altri.
Quello che non trovo nella maggior parte dei neo esordienti è questo… il
rifiuto della cosa pubblica… l’affermazione di se stesso… nella maggior
parte dicevo, ma ci sono eccezioni.
Luca Pakarov (alias memore di articoli su varie riviste anarchiche spagnole,
innanzitutto, ma anche del proprio alter ego di origine maceratese) si
scosta dal mare magno della prova media e scavalca a piè pari lo scoglio
della tentazione aggregativa, o la dichiarazione di appartenenza ad un
qualsiasi gruppo, come la tendenza ad uno di questi. Sconfessa
l’appartenenza alle coagulazioni che vanno per la maggiore, vaga nei pressi
di qualche approssimazione geografica (Macerata dov’è nato e dov’è tornato
recentemente, città che comunque rimanda ad un qualche genere di
decomposizione e sfaldamento, temi non lontani dal contenuto del libro) si
approssima ad un ideale anarchico e fa suo un feel misantropo che ci garba
parecchio anzichenò.
Risultato, un libro. Questo libro, di racconti, parole e immagini in forma
delle stesse. Una quindicina di quadri, di fumetti disegnati con il
carboncino, inframezzati e preceduti ognuno da una sorta di cappello
evocativo, poche righe a evocare contrappunti (anche se nelle intenzioni
dell’autore questi dovevano essere in effetti veri e propri micro-racconti).

Risultato a cui si è giunti dopo vario tempo passato a lambiccarsi sulla
propria scrittura, sulla propria insonnia e sulle proprie scarpe (shoegazing
era termine d’uso comune una volta, andatevelo a cercare)…
non facendo a meno comunque di scrivere e scriverne, mai.
Trovato un editore il percorso narrativo sembra arrivato a buon punto,
all’acquisizione del narrato, del contenuto che non è dei più solari non è
dei più ottimisti né rassicuranti.
Vediamo vari scorci di notti e di giorni, di personaggi ai margini e
marginali, di relazioni basate su coincidenze, di sesso basato sul sesso, di
malumore, di insofferenza, di incredulità,  di misantropia, di rifiuto del
lavoro, di rifiuto delle altre persone, di rifiuto dello stato delle cose…
di rifiuti in genere e mai gioco di parole mi è sembrato più consono.
Insomma di tutte quelle cose che ci troviamo a nominare o pensare nell’arco
della giornata e che nessuno scrittore da due soldi ci regala.
Così la lettura avanza e ci riempiamo di immagini di personaggi traditi, ma
non sconfitti, di chat-girls menomate, di vendicatori travestiti da Babbo
Natale, di misantropi bisognosi del chiacchericcio di sottofondo del mondo,
di assassini di uccelletti. Insomma di personaggi tutti, più o meno, reali.
Tutti, più o meno, piacevoli.

Il lettore deve soffrire in Italia, sembra la voce che va per la maggiore
nei retrocopertina dei libri degli autoctoni..
Almeno uno scrittore che riesca a mandar avanti il lettore nello sfoglio
delle pagine ce lo volete lasciare? Qualcuno che sappia attivare quel minimo
di inconsulto interesse che ricordiamo aver avuto ci sarà ancor, o no?
No?
Beh questo è il miglior risultato che ci si può aspettare da qualcuno che
abbiamo tanto vicino (parlo per me è ovvio, ma so che varrà anche per tutti
voi vicini e lontani).

Procedendo per paralleli, eviterò di parlare di atmosfere bukowskiane, né di
quanto alle volte emerga certo disgustoso malessere minimale alla McEwan, e
quanto poco volersi appropriare dell’arte per vie non convenzionali a  la
Jim Carroll ci sia in tutto questo.
Ma non siamo distanti, non è difficile contenere il nostro Luca in un
triangolo che abbia per vertici i tre distanti amici di cui sopra. Senza
voler porre limiti ovviamente. Gli incidenti avvengono anche fuori dei
triangoli (aaahhh Bermuda, arcipelago di misteri e di comodi pantaloni).
Insomma, consigliato a tutti quelli che continuano a perdere la fiducia nel
prossimo e non trovano appiglio.
Ci si tiene fratello, a vicenda, anche se cadere sembra così inevitabile, lo
so.