Il pensiero figurale di David Lynch
Di Marco Loprete
Quell’incredibile, assurdo, visionario guazzabuglio onirico che è il cinema di David Lynch analizzato con gli strumenti della semiotica. E’ quanto si propone Pierluigi Basso Fossali nel suo libro, dal significativo titolo “Interpretazione tra mondi. Il pensiero figurale di David Lynch”, edito dalla ETS.
Nella presentazione, l’autore ci tiene a sottolineare la rinuncia ad un’analisi volta a dimostrare la validità di un qualsivoglia modello teorico, in favore di una critica “semiologicamente orientata”. Risultato: un “semiologo al lavoro” che analizza in profondità, con gli strumenti messi a disposizioni da decenni e decenni di studi, tutte le opere lynchiane (a ciascuna delle quali è dedicato un capitolo-saggio del testo), rinunciando a ad ampie digressioni teorico-filosofiche, comparazioni con opere di altri autori e ricostruzioni filologiche e della fortuna critica della pellicola.
Se a favore del testo depone, come si diceva sopra, una certa profondità nello scandagliare i contenuti di pellicole come ‘Eraserhead’, ‘Lost Highway’, ‘Mulholland Drive’, ‘INLAND EMPIRE’ (c’è infatti anche un capitolo dedicato all’ultima fatica del genio del Montana), a suo sfavore c’è invece l’utilizzo di un linguaggio di non facilissima comprensione: chi sia a digiuno di semiotica, filosofia e via dicendo, troverà la lettura tutt’altro che agevole. Per non parlare poi della scelta programmatica da parte dell’autore di non spendere il più delle volte neppure due parole per riassumere la trama del film analizzato: d’accordo che non si dovrebbe mai leggere un saggio su una pellicola che non si è preventivamente visionati, ma nel caso del lettore medio è probabile che ciò accada. In queste circostanze, due righe sull’intreccio aiutano parecchio, se non altro ad orientarsi meglio nella giungla di luoghi, personaggi e situazioni che un film inevitabilmente è.
Fossali, insomma, ha scritto una monografia che sembra rivolgersi non a tutti, ma ad un pubblico di lettori cinefili e competenti, cioè dotati dei giusti trumenti teorici. Se si riesce a passare sopra questo carattere un po’ elitario dell’opera, si apprezza certamente l’intelligenza e la preparazione dell’autore e l’originalità della sua proposta d’analisi.