(Ayler Records 2006)
Il titolo di questo breve (38 minuti circa) lavoro del trio tedesco composto dal sassofonista Michael Thieke supportato dal bassista Christian Weber e dal batterista Michael Griener rimanda al film del 1938 di Anatole Litvak con Humphrey Bogart.
Il trio è decisamente coeso, con la sezione ritmica che interagisce metronomicamente con il leader: il primo brano, A Dispatch From Reuters, è affidato ad un clarinetto meravigliosamente schizofrenico, che si produce in un diluvio di note spezzettate quasi fosse sul punto di disintegrarsi da un momento all’altro, esplorando nella fase finale del brano un fraseggio di ‘overtones’ ai limiti delle possibilità dell’ancia: il pezzo si conclude volutamente in modo sorprendente e brusco, lasciando spazio al rarefatto East Is West sostenuto dal basso di Weber suonato con l’arco. Note lunghe, tenute, espressioniste, impressionanti.
Un nervoso, scatolante drumming introduce A Bullet For Joey, doppiato dal sax contralto che sembra dovere stilisticamente qualcosa a John Tchicai: siamo di fronte al brano più ‘americano’ del disco. Una melodia pazzoide e ghirigoreggiante conduce il groove di Two Weeks In Another Town, uno dei pezzi migliori, dove il trio esprime forse al meglio la telepatica interazione.
Un altro episodio lirico è Unholy Partners dove al clarinetto, che si produce in un lamento giambico, risponde la sezione ritmica con eguale sensibilità e pacatezza (free…). Il seguente Two Seconds è il brano più lungo del disco, l’unico a varcare il limite dei cinque minuti spingendosi oltre i sette. Anche in questo caso la voce è sommessa, sax e basso suonato con l’arco disegnano uno scenario esangue che si anima poco dopo per estinguersi nuovamente, con un bell’assolo di Weber che lascia poi posto ad un delicatissimo intervento di Griener supportato qua e là dalle note soffiate del sax di Thieke, che porta a conclusione un brano dal sentore fortemente meditativo.
Key Largo, il brano conclusivo, con il ritorno al clarinetto, inizia anch’esso senza deflagrazioni, con una frase di poche note tese alternate a silenzi espressivi, appena agitate dal discreto uso dei piatti di Griener: un assolo sinuoso del leader, le solenni arcate di Weber e il carillon percussivo di Griener conducono alla fine brano e disco.
Nel complesso una prova ben valida, a testimoniare che ancora oggi non tutto il ‘free europeo’ (che, sappiamo, ha un sound proprio) esclude la lezione d’oltreoceano. Interessante è lo stile di Thieke, che qui privilegia il registro ‘chalumeau’ senza abbandonarsi eccessivamente, salvo che nel primo brano, a solismi irosi, dimostrando ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, quanto Jimmy Giuffre fosse in anticipo sui tempi quando registrò il seminale ‘Free Fall’ con Paul Bley e Steve Swallow nel 1961. Quella era la scuola, questi gli allievi.
Voto: 7
Link correlati:sito ufficiale ayler records
Autore: belgravius@inwind.it