(Staubgold/Wide 2007)
Due tracce per due drones. Organi hammond chitarre riverberi e false partenze minimali. Una visione del futuro già annunciato prepotentemente dai supersynth di Alan Vega si incarna sull’etichetta di elettroniche altre che ci ha abituato ormai da tempo a sorprese mutanti ed eterogenee. Mo(n)di di pensare il drone basati sull’analogico, sul feedback caldo. Un contrappunto alle sperimentazioni nipponiche dello Yoshihide più ortodosso o del Merzbow più intransigente.
Nel set (registrato interamente live nel 2006 e poi pubblicato nel 2007) c’è una continua approssimazione, un panning di pulsazioni, scratch di traiettorie impazzite e minimalismo sinusoidale à la Sawako. Il tutto cresce e vive come un organismo grezzo, un richiamo al minimalismo di Eliane Radigue, quasi un respiro musicale che sorpende per un’esecuzione dal vivo. Se la prima parte punta su un bruitismo più spinto e quasi privo di melodie, nella seconda spunta un tema da synth/chitarra in eco e riverbero, un brivido freddo che intorpidisce, colonna sonora per il prossimo film dei Sigur Ros, un lento ma inesorabile tunnel oscuro che risolve in una matassa sintetico-progressiva di faustiana memoria. Come a dire, anche nel doom c’è il sentimento. Non solo per affezionati.
Sito etichetta:
www.staubgold.com
Voto: 7
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Autore: taffey6977@gmail.com