(Another Timbre 2007)
Registrato dal vivo nel Giugno del 2006, al festival Jazz à Poitiers, questo piccola gemma vede all’opera due artisti letteralmente straordinari, entrambi dei giganti dal punto di vista tecnico, e creativo: Phil Minton e Sophie Angel, insolita e benvenuta coppia in quel continuo mondo in divenire che è la scena impro. Il primo è un nome ben noto a molti, accumula anni sul groppone, ma non si arrende, e continua con fare indomito ad esplorare le possibilità altre della voce umana. Ne esplora gli anfratti più nascosti, spesso sgradevoli, forse necessari, regredisce sino agli istinti più bassi per infine progredire ed evolvere. La pianista francese non è da meno, una delle voci più interessanti e originali del panorama attuale, in parte ancora da scoprire, dato che non si può certo dire che il materiale pubblicato a suo nome abbondi (per quanto mi riguarda, in questo momento mi viene in mente un notevole cd assieme a Lionel Marchetti e Jérôme Noetinger su Potlatch). Il suo modo di concepire lo strumento è veramente sorprendente in quella misteriosa ed affascinante miscela di inside e outside piano. Risonanze, microsuoni, rumori, cadute vertigini, corde straziate, martellamenti, e altro che non si trovano le parole a descriverlo; tutto molto misurato ma dolorosamente incisivo, come segni tracciati sulla viva carne dell’anima. Se non sapessi chi suona sul cd, ascoltando il primo brano, una sorta di danza condotta sulla lama di un rasoio, con il vocalist che produce un dizionario di sospiri e balbettii non riuscirei mai a capire che per la parte strumentale c’è solo una pianista. Le corde del piano, ma non è immediatamente ovvio che di questo si tratta, sono suonate, immagino, con qualche archetto mentre allo stesso tempo si sovrappongono degli accordi così intensi, così scoscesi e nervosi, da lasciare perplessi sul come ciò sia possibile per due sole mani. Se c’è un artista che vorrei vedere dal vivo, per vedere con i miei occhi quello che dal cd non riesco a capire, beh, è proprio lei. Fantastica. E non voglio andare oltre. Minton dal canto suo si trova molto a suo agio, nel dialogare, in modo logicamente incomprensibile e sicuramente non sostenibile da molti, con le asperità e le fragilità intessute dalla pianista. Piange, si contorce, fa le fusa, blatera, tutto molto nel suo stile, anche se più introspettivo che in altre occasioni. Chi lo ho sentito almeno un paio di volte sa cosa aspettarsi, ma l’effetto combinato dei due è veramente d’impatto. Giova alla riuscita del cd anche l’inattesa varietà del materiale proposto, con ogni traccia che in qualche modo sembra autoconclusiva e abbastanza differenziata dalle altre, in contrapposizione con molto materiale simile, dove spesso la suddivisione in tracce avviene solo per comodità. Quindi, ad esempio, al brano di apertura di cui vi accennavo ne segue uno completamente diverso, fatto di pause e ripartenze, in cui le corde del piano risuonano luminose e stridenti, con Minton sorta di Giano bifronte, tra liricismo avant-garde e meditazione ohm, mentre la terza traccia unisce al lamentoso miagolare della voce i martellanti crolli emotivi della Angel. Una sorta di recita drammatica ed assurda, che lacera, strazia, e commuove.
Voto: 8
Link correlati:Another Timbre