Killick ‘Bull****’

(Solponticello 2007)

Killick Erik Hinds e la sua Big Red all’azione.
Big
Red è il nome della sua chitarra (chitarra?), lievemente
trattata.
Un delirio di corde sparse, 38 per la precisione, e non
manca nulla.
Oltre all’usuale troviamo, un’estensione di corde
sub-basse; una parte simil zither ed una sezione fretless (e
qualcos’altro che sicuramente ci perdiamo…).
Registrato in un
giorno, “Bull****”, non è semplice campionario di
stramberie assortite prodotte da strumentazione atipica; manco per
sbaglio (o abbaglio…).
“Bull****” è lavoro da
manuale, dove si accavallano ed intersecano, accenni al pioniere
Derek Bailey, siparietti sghembi impro, accelerazioni blues
che si diluiscono in pantani armonici circolari, e, tanto, tanto
cuore (e polmoni…).
Lo splendore abbagliante di Lovely
Galeria
, pasoliniana serenata alla luna, Bailey c’azzecca molto,
anche il blues; impro idem.
Uno splendore, una grandinata di note
consequenziali, nulla di gettato alle ortiche; tutta materia
buona
.
Materia che potrebbe
ottener consensi anche in territori distanti per sentire,
un’appassionato dei Primus degli esordi non dovrebbe
tralasciare questo ascolto.
Potrebbe innamorarsene perdutamente
(il terribile impatto frontale di Snort Butt Leap Jump).
Conferma
e travalicamento di quanto esposto nei progetti Zepubicle
(splendido 1) e nel trio bruto con Dennis Palmer e Bob
Stagner
(“A.S.A.P. Wings”; splendido 2).
Le corde
sollecitate avanzano per strappi ed intuizioni, risuonanti, aperte,
commoventi; una preghiera luminosa (Just Sat).
L’esposizione
frastagliata di Not (A)Lonesome,
Ornette Coleman c’entra; eccome se c’entra.
L’aspetto
percussivo esposto, ligneo; verticale.
Orchestra fatta uomo, carne
fatta orchestra.
Nessuna funzione matematica nel suo lavoro,
semplice visualizzazione multipla di angoli e spigoli.
Chi ama
Elliott Sharp quando incideva per Sst non ha altro da
fare che farsi avanti.
Gli altri pure.
Nell’ordine
dell’eccezionale.
Vi prego; procuratevelo.

Voto: 8

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